Regia di Ed Harris vedi scheda film
I quadri non sono inquadrature, nonostante la radice comune delle parole, e la storia dei pittori, artefici di immagini, è per il cinema un problema mai risolto. La biografia dell’artista tormentato e torturato e i processi creativi si presentano come una tela bianca sulla quale per un cineasta è difficile rappresentare materiali, immaginare simmetrie, impastare i colori. Uno dei migliori attori americani, Ed Harris, per dieci anni ha fatto congetture sul soggetto del suo film d’esordio come regista: Jackson Pollock, un maestro dell’astrattismo. Il compendio, la monografia divulgativa, la fotocopia cinematografica di una galleria d’arte sono le scorciatoie delle pellicole sui pittori, maledetti o celebri. Harris si impossessa del fantasma e della psicologia comportamentale di Pollock, ne mette in scena il lavoro e la vita; i rapporti con artisti e mecenati; la musica che lo ha influenzato e le tensioni con la madre. In questa rispettosa e sincera dichiarazione d’amore per Pollock il tono e la struttura sono calibrati, corretti e Harris espone una genialità cagliata in macchie, linee torte e meravigliosi sgocciolamenti.
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