Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Quando il suicidio assistito non risulta più essere tale...
LA STANZA ACCANTO.
Prima volta per me in sala con Pedro Almodovar. E prima sua volta in versione inglese dopo una carriera interamente iberica. Senza però rinunciare al suo stile e a delle tematiche ormai insite.
Ingrid, una scrittrice affermata, viene a sapere che la sua vecchia amica Martha, una reporter di guerra, è ricoverata all’ospedale per un tumore al terzo stadio alla cervice. Una volta ritrovate e parlato dei vecchi tempi e di relazioni familiari troncate, ormai consumata dalla malattia, Martha convince una dubbiosa Ingrid ad aiutarla col suicidio assistito. Durante la permanenza in una villetta isolata dalla città le due avranno modo di riflettere sull’importanza della vita, sul suo canto del cigno e anche sul valore della morte. A bordo campo di questa partita particolare c’è Damian, loro amico ed ex amante in comune, che giocherà un jolly rilevante.
Una regia posata con inquadrature fisse, movimenti lenti e primi piani che seguono molto i personaggi. Una fotografia che esalta molto i colori caldi, anche e specialmente in situazioni molto fredde e malinconiche e un montaggio buono che presenta almeno un paio di dissolvenze incrociate a cambio scena veramente notevoli. Molto buone le interpretazioni degli attori con Julianne Moore e John Turturro ben calati, ma soprattutto Tilda Swinton che regala una performance lodevole. Specie in un doppio ruolo particolare.
La storia potrebbe sembrare banale e dare l’impressione di una giustificazione al suicidio assistito, ma più che altro vuol raccontare proprio la banalità della compassione nei confronti del malato e nella sua dignità nel diritto di poter morire in pace e senza soffrire. Certo, il modo in cui si ottiene la possibilità di farlo non è proprio legale e non mancano le diverse frecciatine al sistema sanitario e ai timorati di Dio sulla questione.
Inoltre i personaggi hanno una loro caratterizzazione specifica: Martha che elabora il suo passato di grande reporter aperta a nuove culture e pensieri, ma di pessima madre in quanto assente e la figlia che non ha mai conosciuto il padre per un malinteso. Ingrid intenta a promuovere un libro sulla sacralità della vita con grande avversione per la morte in quanto angosciosa e brutale, ma che scoprirà un lato ben diverso stando accanto a Martha. Damian che ha avuto delle relazioni con entrambe e che è disposto a supportarle in quanto riconosce con cinismo la futilità del mondo moderno con le sue ipocrisie e dalle fondamenta ormai fallaci. Ultimo, ma non meno importante, tutta la retorica piagnona e melassata che solitamente permea questo tipo di genere viene completamente raschiata.
Sicuramente un film molto riflessivo, poetico in diversi punti e con un finale per certi versi di candida ascesa.
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