Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Almodovar al suo debutto in un lungometraggio in lingua inglese. Almodovar che prende di petto un tema fra i più spinosi e controversi, quello dell'eutanasia, con una netta presa di posizione politica che ha ispirato anche il suo toccante discorso di ringraziamento a Venezia per il Leone d'oro. Almodovar che dirige due fra le più talentuose ed esigenti attrici del panorama mondiale.
"La stanza accanto" è un melodramma raffreddato, che evita facili sottolineature emotive e tentazioni strappalacrime, è puro Almodovar ma è anche una ricognizione originale in un territorio diverso, un tentativo di raccontare sullo schermo un dolore così straziante da poter essere placato solo con il desiderio della morte. Non occorre in questa sede entrare nel merito di un dibattito fra i più complessi del panorama etico/legislativo, ma preme affermare che il regista si è avvicinato alla tematica con sostanziale onestà e coraggio e, al di là di qualche piccolo scompenso, ha levato la sua voce a favore dei malati terminali in condizioni disperate che decidono di mettere fine ai propri giorni.
La sceneggiatura risulta efficace nella caratterizzazione dei personaggi e la struttura drammaturgica adottata ha una buona solidità, con qualche riserva su alcune parti troppo verbose nel dialogo, alcuni flashback come quelli del compagno di Martha non del tutto centrati, un eccesso di didascalismo dimostrativo nell'interrogatorio del poliziotto. A livello visivo le scelte del regista confermano il suo tocco inconfondibile, qui adeguato alla gravità della materia, ma, pur essendo la morte presente in ogni sequenza dell'opera, non è sbagliato sostenere che "La stanza accanto" è un film pieno di vita, soprattutto pieno di rispetto per scelte drammatiche ma che il regista ritiene debbano essere lasciate alla coscienza dei singoli. Fondamentale, come sempre nel cinema di Almodovar, il contributo degli interpreti: Tilda Swinton aggiunge un nuovo ritratto di notevole precisione e finezza recitativa alla sua galleria, andando a pescare nel suo vissuto personale (la malattia del mentore e amico Derek Jarman) per conferire la giusta intensità al calvario di Martha; Julianne Moore le tiene testa con grande bravura, è sempre credibile e convincente nella parte di un'amica speciale a cui viene chiesto un compito difficilissimo, quello di accompagnare negli ultimi giorni di vita un percorso esistenziale che ha deciso irrevocabilmente di chiudere con la sofferenza.
A mio parere non allo stesso livello dei capolavori almodovariani come "Tutto su mia madre", "Parla con lei", "Volver" o "Dolor y gloria", il film è comunque un tassello prezioso di un'opera filmica insostituibile, che per fortuna stavolta ha regalato al suo autore il massimo premio ad un grande festival internazionale.
Voto 8/10
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