Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
VENEZIA 81 - CONCORSO - LEONE D'ORO
"La neve cadeva. Cadeva lieve in tutto l'universo. E lieve cadeva su tutti i vivi, e i morti..." (James Joyce: "Gente di Dublino")
Due amiche, colleghe e forse anche rivali nella professione, da tempo fuori contatto per le vicissitudini della vita, si ritrovano al capezzale di una di loro, celebre giornalista malata terminale di cancro, quando l'altra, famosa scrittrice di romanzi, ne apprende lo stato per caso, al momento della presentazione del suo ultimo best sellers.
L'affiatamento che le ha unite in gioventù torna e rinsalda il legame al punto che la malata, negli alti e bassi dovuti ai risultati contraddittori di una cura sperimentale che dà speranze un giorno e le toglie il successivo, arriva a chiedere all'amica un favore intimo e molto personale che la scrittrice, nonostante le molte perplessità, non riesce a rifiutare.
L'una dovrà assistere l'altra nel momento in cui la malata deciderà di togliersi la vita anzitempo, evitando inutili agonie e sofferenze.
Nel "buen", anzi fatal "retiro" terminale ove verrà celebrato il rito di resa finale, il legame tra le due donne raggiunge il suo culmine e sfida, fieramente e con dignità, il salto nel vuoto della morte.
Al suo primo lungometraggio interamente americano, Pedro Almodóvar sceglie due icone della bellezza e dell'eleganza e realizza un melodramma magnifico, elegante e commovente ove si celebra e divinizza il potere assoluto di un legame di sentimenti come l'amicizia disinteressata ed incondizionata.
Per quanto scontato, lo stile ammaliante, e potente di Almodóvar assimila, con i suoi colori potenti pronti ad esplodere, ed ora più che mai col tema del sentimento e della perdita inesorabile, i dettagli meravigliosi del cinema del sentimento e della nostalgia (quasi una saudade di matrice brasilera) del grande Douglas Sirk, con l'aggiunta di momenti ironici (la scena dell'erotismo senza contatto che vede impegnata la Moore con l'aitante personal trainer Alvise Rigo è rischiosissima sulla carta, quanto spassosa ed azzeccata nel suo effetto finale) e sfilettate politico-ecologico-morali che avrebbero messo ko quasi ogni altro illustre collega.
Pedro ne esce indenne e con eleganza, anche in quel finale ridondante e a sorpresa che stupisce, forse indigna per qualche secondo, prima di rendersi conto che il gran regista ha colto nel segno ed azzeccato l'azzardo.
The room next door brilla non solo per la mirabile tecnica di direzione e per la sceneggiatura solida che sorregge l'impianto.
Le dive Julianne Moore e la ritrovata Tilda Swinton (dopo la prova con lo scintillante cortometraggio meló de The human voice - 2020) risultano perfette, coese ed a proprio agio per mettere in condizione lo spettatore di commuoversi e raggiungere attraverso loro sentimenti ed emozioni che rasentano il sublime.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta