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Bestiari, Erbari, Lapidari

Regia di Massimo D'Anolfi, Martina Parenti vedi scheda film

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La recensione su Bestiari, Erbari, Lapidari

di EightAndHalf
7 stelle

Tre film, un solo viaggio fra tre diverse dimensioni della realtà - e del cinema, per necessità. I bestiari quindi il mondo animale, di come il cinema coglie i loro movimenti e di come li intrappoli in immagini che diventano premi che esaltano l’uomo come prevaricatore; gli erbari quindi il mondo vegetale, di come il cinema possa cogliere questa volta il movimento invisibile della vita delle piante, che respirano guardano sentono da qualsiasi punto, senza organi e senza farsi notare; i lapidari, di come si muove il passato, il minerale, la morte, e di come il cinema crei il movimento del ricordo che renda possibile la memoria. D’Anolfi e Parenti hanno ambizioni cosmiche, attraversano il visibile e l’invisibile desiderando la pura contemplazione, e intanto stilano un’enciclopedia del naturale e delle tracce dell’umano, parlando di conseguenza di quanto sia insulso l’umano rispetto al vegetale, rispetto alla varietà animale, rispetto alla morte. Forse anche rispetto al cinema. Il loro approccio enciclopedico è umano, dettato dalla natura materiale degli archivi, degli oggetti e della manualità artigianale umana; il risultato ha però l’ampiezza monolitica di un grande trittico inscalfibile, che rimbalza fra strutture di montaggio ben riconoscibili e dilatazioni che improvvisamente invocano l’esperienza pura e sensoriale, documentario wisemaniano e sospensioni alla Ben Russell (viene a volte in mente il Direct Action della Berlinale di quest’anno). E lo spettatore ne è vittima come è vittima dell’enorme inevitabilità del cosmo, come a subire dal cosmo stesso un ologramma fedele e proporzionato. Più di tre ore di chiamata alla responsabilità e alla coscienza, nei confronti degli animali, degli spaventevoli numeri delle specie terrestri (umane e vegetali), nei confronti della Storia, trovando in comune fra le esplosioni della Seconda Guerra Mondiale e un cementificio l’elemento della polvere a cui tutti ritorneremo. Una chiamata alla responsabilità, poi, nei confronti del cinema. È così bello che il cinema sia quest’entità che nel film si vive come una vera e proprio quarta possibilità dell’immagine, del sogno, della realtà. Sentirci piccoli, sì, ma capaci di percepire il grande. 

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