Espandi menu
cerca
Note di un inquilino galantuomo

Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film

Recensioni

L'autore

figgieu

figgieu

Iscritto dal 7 aprile 2003 Vai al suo profilo
  • Seguaci -
  • Post -
  • Recensioni 8
  • Playlist 1
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Note di un inquilino galantuomo

di figgieu
8 stelle

“Note di un inquilino galantuomo” (altro titolo italiano “il chi è di un inquilino”) è il primo film girato dal grande cineasta giapponese Yasujiro Ozu dopo la fine del conflitto mondiale e dopo la sua personale prigionia in un campo britannico a Singapore. Da una delle drammatiche realtà del Giappone postbellico, la condizione degli orfani di guerra, prende spunto la sceneggiatura. Resta peraltro l’unico riferimento permesso in un paese occupato, anche culturalmente, dagli yankees e dal loro comandante supremo delle potenze alleate, il generale MacArthur, che impongono una censura assoluta su Hiroshima, Nagasaki e tutti i crimini americani commessi, la stessa censura che ancor’oggi a distanza di sessant’anni esiste dalle nostre parti, per esempio sui campi di concentramento a stelle e strisce sul suolo europeo.
Tashiro (interpretato dall’icona del cinema di Ozu, Chishu Ryu) trova per strada un bambino di nome Kohei e se lo porta a casa con l’intenzione di affidarlo a un inquilino del suo caseggiato. Ma nessuno lo vuole e provvisoriamente per la prima notte viene imposto a Otane, una vedova acida ed egoista, che non esita a umiliarlo il mattino seguente, dopo aver trovato il “futon” bagnato. Rifiutato anche dall’amministratore, padre di tre figli, viene organizzata una cinica estrazione per designare chi dovrà sbarazzarsi del bambino. E’ Otane, con l’inganno, a “pescare” il fatale bigliettino con la croce. E a dover appurare che il padre, un povero falegname, era andato a Tokyo per cercare lavoro, portandosi con sé tutte le sue poche cose. La vedova si fa l’idea che il bambino sia stato volutamente abbandonato e sfoga la sua frustrazione rinfacciandogli pesantemente la crudeltà del padre e obbligandolo a sobbarcarsi fino a casa 7 kg di patate acquistate a buon mercato nei pressi della stazione. La sua presenza viene grottescamente rivalutata dalla notizia che l’amministratore ha vinto una grossa somma di denaro alla lotteria, con un biglietto acquistato dall’innocenza di uno dei figli. Ma i biglietti di Kohei non sono quelli vincenti e gli assurdi rimproveri di avere dilapidato dieci yen si sommano con quelli, ancora più ingiustificati, di un furto di cachi non commesso. La paura di un’ennesima impietosa strigliata dopo la seconda pipì a letto lo induce a fuggire di primo mattino. La constatazione dell’improvvisa fuga rivela a Otane quanto il bambino in realtà le stesse a cuore e di riflesso le dischiude prospettive, ormai sepolte, di un rapporto affettivo con il prossimo. E’ ancora Tashiro a trovare il bambino nello stesso luogo della prima volta e a riportarlo dalla vedova. Tra i due si instaura un rapporto completamente diverso: insieme vanno allo zoo e si fanno immortalare da un fotografo. L’idillio viene pero’ spezzato dall’improvvisa apparizione del padre, un brav’uomo che aveva continuato disperatamente a cercare il piccolo Kohei. Ma l’inaspettata e definitiva partenza non rappresenta la fine delle speranze per Otane, che rivela l’intenzione di adottare un bambino che sia tutto per lei.
Un tema semplice esaltato dalla straordinarietà di alcune scene. La disperata ricerca del bambino in una Tokyo desolata, in cui il senso di spaesamento di Otane viene trasmesso allo spettatore con inquadrature in campo lungo e frequenti presenze di oggetti in primo piano che “perdono” visivamente la protagonista, mantenendo l’incertezza sul punto da dove potrebbe ricomparire. La solitudine che regna alla fine della vana ricerca è resa perfettamente dalla sequenza dei fogli di giornale spazzata via dal vento, finché ne rimane sulla strada soltanto uno. Ancora la passeggiata lungo il mare alla ricerca del padre di Kohei, la fuga del bambino indotta dall’atteggiamento ostile di Otane (la macchina da presa resta fissa su di lei che, immobile, guarda nella direzione verso il fuggitivo. Alcuni secondi dopo Kohei rientra in campo a testa bassa esprimendo con una sola espressione tutta la sua volontà di ribellione e la sua impotenza). Infine da segnalare la scena conclusiva del film richiamata dall’intenzione di Otane di adottare un orfano: il gruppo di bambini abbandonati che si danno appuntamento sotto una statua, quasi un antipasto della lezione neorealista che dall’altra parte del globo i maestri italiani iniziano a impartire.
VOTO 8,5

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati