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Uzak

Regia di Nuri Bilge Ceylan vedi scheda film

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La recensione su Uzak

di OGM
8 stelle

Lo sguardo di Nuri Bilge Ceylan ama la profondità dello spazio esattamente come il suo cuore detesta la distanza tra gli uomini. La lontananza a cui fa riferimento il titolo del film è quella che separa le persone che, invece, potrebbero sentirsi vicine e simili, come sarebbe naturale accadesse, ad esempio, tra parenti, tra amici, tra compaesani. Mahmut è un fotografo che si trova ad ospitare, suo malgrado, presso la sua casa di Istanbul, Yusuf, un giovane proveniente dal suo stesso paese d’origine, rimasto disoccupato dopo la chiusura della locale fabbrica, e giunto nella capitale in cerca di un nuovo lavoro. La presenza di quest’ultimo è avvertita dal primo come una sgradevole intrusione, che lo priva della sua intimità ed interferisce con le sue abitudini di scapolo. Nel loro rapporto, vissuto, giorno dopo giorno, tra tanti piccoli motivi di attrito, risulta però difficile distinguere ciò che è dovuto all’incompatibilità di carattere o al divario culturale da ciò che, invece, denota una scarsa capacità di socializzare, che, per Mahmut, significa egoismo ed intolleranza, e, in Yusuf, si traduce in invadenza e superficialità. Lo stile di Ceylan, fatto di lunghi momenti di solitudine e silenzio, riesce a costruire, intorno a ciascuno dei due protagonisti, una nicchia in cui aleggiano esclusivamente i rispettivi pensieri individuali, senza mescolarsi con l’esterno, né aspirare ad essere condivisi. L’incomunicabilità è una barriera che ognuno di loro erige a protezione dei propri sentimenti, nella certezza  - timorosa o supponente – di non essere compreso. La reticenza, il sotterfugio e la menzogna sono tre diversi aspetti della stessa volontà di negarsi, per non scoprirsi, per non essere costretti a spiegarsi, a difendere le proprie idee, o magari a scusarsi. Lasciar perdere è la conclusione di ogni discorso, che naufraga nell’impossibilità di trovare un punto di incontro tra gli interlocutori, uno spiraglio che permetta loro di interagire e confrontarsi davvero. Uzak fa dei mezzi termini, dell’inconcludenza, dell’approssimazione, un argomento di indagine sociologica: in questo film è il volto squallido e fallimentare della quotidianità a rivelare quanto poco le persone sappiano essere presenti al mondo, evitando accuratamente di vedere in quest’ultimo un valido riferimento per fare autocritica.

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