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Uzak

Regia di Nuri Bilge Ceylan vedi scheda film

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La recensione su Uzak

di ed wood
8 stelle

Rossellini, Antonioni, Ferreri. La sacra triade del cinema "fenomenologico" ha indirizzato tanto cinema europeo degli ultimi decenni verso riflessioni, sempre più radicali e sempre più sconsolate, sul non-senso della permanenza terrena dell'Individuo e sul suo relazionarsi con l' "altro" (inteso sia come le persone che lo circondano, sia come l'ambiente naturale o artificiale in cui si ritrova a vivere). Le tecniche neorealiste e, soprattutto, post-neorealiste del pedinamento, della perlustrazione analitica dello spazio, della dilatazione del tempo, dell'anti-dramma, dei lunghi silenzi, delle ellissi, della casualità degli incontri, hanno di fatto costituito la quintessenza del cinema moderno, tanto da essere oramai metabolizzate in quella mediocre neo-classicità impura che caratterizza la gran parte della produzione cinematografica attuale (anche quella "di qualità" e indipendente). Il turco Ceylan pare voler fermare le lancette della Storia del cinema agli anni 60: "Uzak" non è un film contemporaneo o post-moderno, ma piuttosto un film "neo-moderno". La sua ricerca estetica ed esistenziale porta dritta agli autori citati in apertura di commento. A questo punto, si potrebbe sospettare un omaggio manierista ad un'epoca purtroppo trascorsa e ad un certo modo di intendere l'espressione filmica, un esercizio di stile reazionario e involuto, un cinema nato morto. Se non fosse che Ceylan ci mette del suo: la cifra stilistica che lo rende unico è probabilmente (e qui si capisce che è anche un fotografo) l'utilizzo della luce. Molti piani-sequenza di "Uzak" mostrano luci accendersi o spegnersi nel bel mezzo dell'inquadratura: questo genera improvvise rivelazioni od occultamenti, che modificano la percezione degli oggetti e delle persone, costringendo personaggi e spettatori a riconsiderare il significato di ciò che vedono. Non è solo la luce a creare queste "irruzioni si senso", ma anche volti od oggetti (un cestello calato da un balcone) che invadono l'inquadratura improvvisamente su uno sfondo fuori fuoco. Al di là della cura maniacale a livello figurativo, impreziosita dall'uso dei tipici colori caldi dell'immaginario bizantino, è un film ammirevole per la profondità, la sincerità, la finezza con cui affronta la complessa analisi delle sfumature d'animo dei due cugini, dei loro fallimenti, delle loro ansie, delle loro differenze economiche e sociali. Ceylan lascia allo spettatore tutto il tempo di assaporare i sentimenti inesprimibili evocati dalle immagini, di godersi gli intermezzi umoristici, di compatire le miserie morali, di interpretare gli slanci metaforici e i piccoli gesti, di ammirare la sagace commistione fra una regia demiurgica e il senso di una realtà colta quasi per caso.

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