Regia di Peter Greenaway vedi scheda film
La sperimentazione non è cosa da poco. Il cinema ne ha bisogno, è di primaria necessità. Greenaway è certamente molto autoreferenziale e autocompiacente (basta pensare che in questo film non fa altro che citare, anche ad immagini, suoi film come "il ventre dell'architetto" o il finale di "lo zoo di venere", i suoi cortometraggi degli anni '60 e pure qualche suo quadro), però fa parte anche questo del suo stile "contro". "contro" un cinema della futile narrazione, quello delle commediole e del far capire il più possibile alla gente la trama che più banale è meglio è. Quello di greenaway è cinema vero, cinema puro, formalismo curato e sempre molto originale nell'uso di effetti e colori. molta è l'influenza della videoarte (in particolare mi vengono in mente i corti di rybczynski), è questo sarebbe un male??? tentare l'innovazione in un cinema diventato ormai statico e privo di idee nuove sarebbe un male??? greenaway dice che il cinema è morto, credo che intenda questo nel concetto hegeliano di morte dell'arte. il cinema è morto non significa che il cinema non potrà più sfornare capolavori, solo che il cinema del passato ormai è cosa lontana, che non si può più ottenere o auspicare quel cinema (ecco la citazione-omaggio a fellini in "otto donnne e mezzo"). Per questo bisogna cercare nell'innovazione nuove spinte. Non capisco poi una cosa, si dice che nel film non si capisce niente e questa è una grossa e stupida falsità. Secondo me, tra i film di greenaway, è il più razionale, dalla trama più lineare e sensata, grottesca ma sensata molto di più rispetto ai suoi film del passato. E' la storia di un viaggio, la storia del '900 che nasce da un ritrovamento fittizio di valigie. da qui poi nascono anche molti spunti filosofico-fantastici, abbiamo le valigie e dobbiamo raccontare una storia, quale storia raccontiamo? tutto si può pensare, tutto si può inventare e creare: mondi, tempi e personaggi, non è questo il cinema? non è questa l'arte? Mondi derivati, sognati, allucinati e storie inventate, vissute, testimoniate, negate e cambiate. Idee e sogni creduti reali, vite mai esistite, luoghi solo immaginati, deserti infiniti, viaggiatori vittime delle loro vitalità, vittime del destino come gli eroi greci. cosa chiedere di più dal cinema? metacinematografico, metalinguistico e molto provocatorio, greenaway mette in opera l'idea di cinema, l'idea di arte. Poi, come negare il fascino di un film così? come non premiare le follie di questo artista (artista vero!) del cinema contemporaneo che crea e distrugge con eleganza e minuzia formale? certo, questo "le valigie di tulse luper" non raggiunge quella fantastica coesione di contenuto-forma che si ottiene in "i racconti del cuscino" (forse la sua opera migliore in assoluto?), però riesce comunque a rendere la creatività come fine dell'arte, creatività come fondamento di ogni cosa che voglia essere arte e cinema, che voglia aspirare all'infinito.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta