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Le valigie di Tulse Luper

Regia di Peter Greenaway vedi scheda film

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Charlus Jackson

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La recensione su Le valigie di Tulse Luper

di Charlus Jackson
4 stelle

Se dovessi narrare quello cui ho assistito potrei seguire due strade. La prima. Questi sono i casi in cui Greenaway ha il geniale talento profetico di rendere l'idea di quanto il cinema possa essere di un'idiozia che scavalca l'umana (ma chi siamo noi umani dinanzi alla parola del futuro cinematografico che si è fatta carne?) immaginazione. Interessi principali di Greenaway che vengono esposti nel film presente: le signorine provocanti; la storia del Novecento; la decomposizione animale, i parassiti, con tanto di gustose descrizioni dei loro effetti sull'apparato digerente; soprattutto, udite udite, la suprema verità (così suprema che è diventata banale clichè: segno che la condividono tutti) che "ogni uomo è prigioniero di una gabbia": però, quale genialità doveva presiedere a un'elaborazione filosofica di tale spessore! Modalità di rappresentazione: chiedo ai miei assistenti fotografi di fare un buon lavoro così poi vado in giro a fare il fighetto dicendo che da grande volevo fare il pittore (per scusare la mia incapacità di cineasta? No, non siamo cattivi!); ed effettucci suggeriti dal primo computer digitale che faccio passare per meraviglie dello sguardo cinematografico, come sovrimpressioni (no!), spleet-screen (maddai!), riquadri (senza parole!), riferimenti numerici e geometrici quando meno c’azzeccano (è pazzesco!). Poetica dello sguardo: la scrittura del caos; la vita come disordine di percezioni; l'impossibilità di ordinare l'oggetto del nostro sguardo; sì certo, oltre a "faccio fare alla computer grafica le acrobazie più sceme anche quando mostro un'automobile ferma (ma non pensate a nulla di “crasharo”) cosicchè i buoni che mi idolatrano mi proclamino il nuovo cineasta; i cattivoni che mi contraddicono passino per retrogradi ottusi e ignoranti". Scusate lo stile molto "a comparti" di questa prima recensione, dev'essere il film che tratta di ossessioni numeriche, catalogatrici, enciclopediche, ad avermi già avviato un processo di regressione mentale. La seconda strada che potrei invece usare per raccontare quello che ho visto farà passare per cretina la prima, ve lo assicuro. Seconda strada. Ero la sera in poltrona a guardare un film che si annunciava essere l'ultima anticonformista e controversa fatica di un eccentrico e visionario regista inglese di talento. Essendo io fan sfegatato di Ken Russell, se sento parlare di “ultima anticonformista e controversa fatica di un eccentrico e visionario regista inglese di talento” o qualcosa del genere, vibrano dentro di me ameni richiami, prospettive brillanti. Tuttavia, sin dall'inizio, il lettore doveva avere seri problemi, tanto che temevo stesse per rompersi: i dialoghi si ripetevano, così le immagini, assurdi cambi di formato, successioni di montaggio inspiegabili; doveva essere effettivamente partito, perché infatti al primo film, che narrava di due ragazzini che giocavano a fare la guerra, ne successe un altro, in cui un ometto dall'aria cerebrolesa viaggia nel deserto, viene catturato da una famiglia di pervertiti che lo sottopongono a umiliazioni varie, mentre una ragazza (una minorenne; domanda: per quanto non sia uno stretto ammiratore delle ragazzette minorenni, secondo questi qui esse non hanno proprio nient'altro cui pensare?) fa di tutto per farlo accusare di molestie sessuali e arrestare. Ero interessato a vedere come andava a finire (il mio più intenso desiderio era che un esperimento atomico andato male nel deserto spazzasse dalla terra un'umanità tanto idiota; poteva darsi che anche il regista volesse arrivare a una conclusione del genere) quando improvvisamente le cose sembrano mettersi un pochino più a posto. Di nuovo, ho pensato a un fastidio del lettore, che doveva aver saltato una parte. La mia impressione era confermata dal fatto che inframezzate alla storia continuavano a esserci battute di una volgarità ributtante da barzelletta tra bifolchi (con la differenza che neanche un bifolco avrebbe riso) degne del programma televisivo più trash della più desolante delle reti minori e a inutili, maniacali e altrettanto volgari riferimenti sessuali d’ogni tipo degni del prologo di uno spettacolo pornografico; a darmi definitivamente ragione sul malfunzionamento del lettore il film (?) muta nuovamente e mi trovo dinanzi a una sorta di commedia del periodo bellico, stranamente interpretata dagli stessi attori (ovviamente non-professionisti), piuttosto complicata da seguire (anche perchè probabilmente il lettore l'aveva fatta iniziare a metà; comunque nulla di lynchiano eh), ma con la visione disturbata dall’onere degli stessi problemi tecnici di cui sopra. A questo punto mi direte: "ce l'hai fatta a capire che era il lettore che non funzionava, un genio come Peter Greenaway poteva aver girato una cosa del genere? Ma comprati un paio di occhiali nuovi, oltre al nuovo lettore!". Esperienza traumatica.

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