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E Johnny prese il fucile

Regia di Dalton Trumbo vedi scheda film

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La recensione su E Johnny prese il fucile

di Peppe Comune
8 stelle

Johnny Bonham (Timothy Bottoms) parte per fare il soldato e si ritrova a combattere in Francia durante la prima guerra mondiale. Qui viene colpito da una granata ma rimane in vita anche se è ridotto davvero male : non ha più ne gambe e ne bracia ed ha subito la perdita quasi completa di tutti i sensi. Quello che gli rimane è un cervello ancora vigile con il quale può produrre un flusso ininterrotto di pensieri che alternano ricordi reali a fantasie oniriche. Ricorda di Kareen (Kathy Fields), la ragazza che Johnny ha promesso di sposare non appena tornato dal fronte, pensa alla madre (Marsha Hunt) e al rapporto non sempre semplice con il padre (Jason Robards), un uomo sfiaccato dagli insuccessi economici. Poi fantastica su un Gesù Cristo totalmente disincantato intento a costruire le sue croci (Donald Sutherland) e su una specie di circo ambulante gestito dai genitori. Rimane solo con i suoi pensieri Johnny e quando un infermiera (Diane Varsi) si avvede finalmente che i suoi movimenti con la testa testimoniano della sua voglia di comunicare, utilizzando l'alfabeto Morse, riesce ad esprimere il desiderio di essere portato fuori all'aperto. O di essere ucciso.

 

 

"E Johnny prese il fucile" di Dalton Trumbo (dal romanzo omonomo dello stesso Trumbo scritto nel 1939) è un film convintamente antimilitarista, tenero e rabbioso insieme per come sa coniugare la commozione che suscita la sorte capitata a Johnny e la critica feroce rivolta contro quello stato delle cose che ha contribuito a produrla. Questo film non arriva certamente ai livelli formali e contenutistici di capolavori quali "La grande illusione" di Jean Renoir ed "Orizzonti di gloria" di Stanley Kubrick (che, per le mie conoscenze, rimangono capisaldi ancora insuperati sul tema), ma tuttavia se ne mostra degno epigono per come si muove nel loro stesso solco concettuale, ovvero, non perorando un antimilitarismo ideologico e chiaramente esibito ma portandoci a riflettere sulla crudeltà della guerra mettendola in relazione con tutto quell'insieme di valori che sevono a giustificarla moralmente e a legittimarla storicamente. Ora, se nei due capolavori indicati questi valori sono rintracciabili nella suprema ragion di Stato, nel prestigio della nazione da conquistare e conservare ad ogni costo, nello spirito di lealtà verso il nemico o nell'onor di patria, nel film di Donald Trumbo vanno riferiti più semplicemente a quelli che permeano nel profondo la società statunitense, quelli che inducono a far sentire dei cittadini migliori gli uomini che si mostrano fieri di abbracciare un fucile per andare in guerra o che si sono dimostrati capaci di avere successo nella vita e abilità nel fare soldi. Dopo aver visto questo film si capisce perchè Donald Trumbo sia stato una delle vittime più illustri del "maccartismo" (scrittore, e sceneggiatore di spicco del cinema americano, Trumbo è qui alla sua prima ed unica regia cinematografica). In effetti, "E Johnny prese il fucile" attua una radicale critica antisistema mettendo in continua relazione ciò che il corpo di Johnny è diventato con quanto la sua mente riesce ancora ad elaborare. Il Johnny ridotto a "tronco umano" sul letto di un ospedale militare, padrone ormai solo di dirigere i propri pensieri dove più gli aggrada, rappresenta ciò che le effimere lusinghe del sedicente "sogno americano" possono produrre. In quest'ottica, centrale diventa, non solo la condizione esistenziale di una "vittima" di guerra ridottasi a rimanere in vita solo perchè può servire come cavia da laboratorio, ma anche la figura del padre di Johnny, un uomo divorato dalla delusione di non essere riuscito ad avere successo nella vita, di essere rimasto un povero disgraziato (bella la sequenza di quando spiega ad un Johnny ancora adolescente che l'unica cosa che veramente lo distingue un po' dalla massa di diseredati come lui e il possesso di una "magnifica canna da pesca"). Il rapporto tra Johnny ed il padre ci viene prima proposto attraverso i ricordi reali del ragazzo e poi rielaborato sulla scorta delle sue mutate condizioni, quando Johnny, nelle sue fantasie oniriche, si immagina essere un "freak" esibirsi come sorta di fenomeno da baraccone in un circo ambulante gestito dal padre. Un rapporto quindi, che segna un legame indissolubile tra ciò che Johnny è diventato come corollario inevitabile della guerra e la guerra stessa come elemento funzionale di un modello di società che produce in serie i suoi martiri inconsapevoli in nome di un prestigio socio-economico da conquistare prima e conservare poi. Il corpo di Johnny non incarna soltanto la crudeltà della guerra e la fallacità di tutte le ragioni che intendono giustificarla, ma riflette anche la disumanità della scienza medica che non sa andare oltre la propria ortodossia (e che vuole scambiare dei chiari segni di vitalità o dei tentativi disperati di comunicazione con degli "spasmi muscolari riflessi") e i limiti di una religione che non sa più recare conforto ai più deboli (come dimostra la parabola cristologica frutto delle divagazioni oniriche del ragazzo). "Ferito non identificato numero 47 in cura dal colonnello Mark Tallery del campo medico dell'esercito americano. Il cervelletto gli consente movimenti fisici limitati ma sono movimenti che non hanno alcun significato. Se diventassero violenti o si ripetessero con insistenza, vanno trattati come spasmi muscolari riflessi, e cioè con sedativi. Il cervello ha subito danni gravissimi che non possono essere guariti, se non ne fossi sicuro non lo avrei lasciato vivere. Non c'è nessun motivo che continui a vivere a meno che, suo tramite, non impariamo ad aiutare altri come lui. Abbiatene cura come se sapesse che state facendo e soffrisse se non lo trattate come si deve. Il personale che lo curerà dovrà ricordarsi che un vero medico non deve farsi coinvolgere emotivamente dal paziente. Evitate quindi di farvi coinvolgere ricordandovi che un individuo privo di riflessi non può provare dolore, piacere, memoria, sogni, pensieri. Ne consegue che questo giovanotto non avrà sensazioni ne pensieri. Come i morti, fino a quando non li raggiungerà". Questo è quanto recita il responso medico. Johnny non è clinicamente morto ma neanche può considerarsi vivo. É solo un pezzo di carne che non ha smesso ancora di respirare e che conserva ancora la forza di elaborare pensieri liberi. In questa sorta di limbo atemporare in cui è caduto Johnny, è la sua coscienza ancora vigile a farsi carico di tutto il suo dolore, a mischiare, in un flusso ininterrotto di immagini, realta è sogno, l'essere e il dover essere, l'accaduto e il desiderato. Johnny rimane solo coi suoi pensieri sciolti i quali, come un puzzle che si completa poco alla volta, solo alla fine renderanno definitivamente chiaro anche a lui che le fattezze del suo "nuovo" corpo stanno li a palesare i limiti ontologici di molte delle cose in cui aveva creduto e su cui aveva riposto molte speranze. Quando lui, che credeva di poter contribuire "all'espansione della democrazia nel mondo e all'esportazione della libertà" (quanta attualità c'è ancora in questa formula), si rende conto che il suo destino non poteva essere che quello di diventare una vittima designata. Quando chiede di essere esposto nella pubblica piazza perchè tutti vedano come le logiche di guerra possono ridurre un uomo. Quando capisce che ciò non è possibile perchè il suo corpo mutilato è l'incarnazione precisa della cattiva coscienza di un paese in guerra perpetua. Johnny deve rimanere nascosto finchè la morte non sopraggiunga a liberarlo definitivamente. Grande film da recuperare.

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