Regia di Dalton Trumbo vedi scheda film
Deflagrato da una bomba e ridotto ad un essere senza più arti, né viso né sensi, de-privato di ogni connotazione umana. Una grottesca larva, aggrappata ostinatamente alla vita, ma impossibilitato a sperimentarla. Ridotto all’annichilimento totale, se non fosse per dei confusi frammenti sparsi di pensiero, l’unico appiglio a ciò che Joe Bonham (Timothy Bottoms) fu una volta, ma ora non è più.
Dalla stasi del nulla immobile, Dalton Trumbo esordisce al cinema con una folgorante quanto grottesca invettiva anti-militarista, dove la critica alla guerra risulta essere contigente più che susseguente, essendo interessato ad imbastire un discorso ul concetto di vita. Diviso in specularità cromatiche, nella frammentazione tra un presente in bianco e nero nell’ospedale ed il colore sfumato nei ricordi e nelle astrazioni mentali, il montaggio plasma e riplasma continuamente il magma della materia cinematografica con un flusso di immagini, simboli e suggestioni, che dal molto piccolo, deflagrano ai massimi sistemi di pensiero sull’esistenza, Dio e fianco lo stesso universo come atto creativo del cinema stesso.
Escluso alla fine degli anni 40’ dal mondo del cinema, per essersi rifiutato di testimoniare in merito alla sua appartenenza al partito comunista, Trumbo dopo una condanna a 11 mesi di carcere, dovette arrangiarsi a scrivere copioni per Hollywood sotto pseudonimo, tra i quali spicca un cult immortale come “Vacanze Romane” (1953), nonché altri grandi successi kolossal come “Exodus” (1960) e “Spartacus” (1960), con cui venne reintrodotto nell’industria del cinema.
Il grande progetto irrealizzato era portare sullo schermo il suo romanzo del 1939, “E Johnny prese il Fucile” vincitore del “National Book Award", riuscendo nell’impresa solo dopo ben 17 rifiuti. Costato 1 milione, di cui 80.000 finanziati di tasca propria dallo stesso cineasta, Trumbo si avvale della consulenza di Bunuel, per plasmare il mondo astratto onirico, frutto del flusso di pensieri senza argine di Joe, alla ricerca del sé nella singolarità iniziale, quando la materia non esisteva.
Risulta però inutule chiedersi cosa vi fosse prima del Big Bang, che diede il via all’espansione dell’universo 13.7 miliardi di anni orsono, in quanto la speculazione si addentra in territori filosofico-metafisici, dove non hanno senso le nozioni di prima e dopo, poiché non esistevano neanche i concetti di spazio e tempo, dimensioni la cui assenza risulta inconcepibile per una mente umana a digiuno di fisica-quanristica, essendo abituata a ragionare secondo un rapporto di causa-effetto; relazioni prive di significato per Joe ridotto ad una larva a-sensoriale, incapace di comunicare con chi gli sta intorno.
Giorni, settimane, mesi ed anni. Il tempo è privo di significato per un pezzo di carne, la cui vista viene celata dalle lenzuola bianche che ne coprono i resti del corpo, una maschera ne cela il viso privo di occhi, naso, bocca ed orecchie. Un tronco umano aggrappato ad un’esistenza squallida, da una scienza ottusa che si ostina a tenerlo tramite macchinari artificiali ed un divino non in grado di dare uno scopo ultimo ad un “pezzo di carne che vive”.
Gesù (Donald Sutherland), uomo di 33 anni, quindi nato nel 1885, essendo un commilitone più anziano del protagonista nelle sue astrazioni oniriche, mostra tutto il suo scetticismo innanzi ai dubbi incalzanti di Joe, sul dare un senso alla propria condizione. Innanzi al grottesco prodotto della guerra, persino il divino mette innanzi a sé lo scettiscismo della natura umana, impossibilitata a fornire risposte concludenti.
Nelle visioni prive di un contesto preciso - perfetto prodotto di una mente in bilico tra una vita apparente ed una morte negata che non arriva mai -, il ricco (quanto ripetitivo ed eccessivo talvolta) sostrato simbolico, la costante restano i legami lasciatasi alle spalle; la sua ragazza Kareen (Kathy Fields), la ragazza che lo attende negli USA, con cui trascorse la prima ed unica intensa notte d’amore e l’infanzia trascorsa con la sua famiglia, rimembrando i dialoghi con un padre, incarnazione dei principi e delle virtù, che il giovane ha difeso e responsabili della sua pietosa situazione attuale.
Figura controversa ed enigmatica, il padre racchiude in sé i problemi di una nazione, che manda i giovani alle morte in nome di valori come la democrazia, che nei fatti concreti neanche sono in grado di spiegare, perchè oscuri e contorti anche per loro. Se la strada dell’immanenza non porta da alcuna parte e quella della trascendenza è altrettanto vana, Joe può solo ridursi ad una richiesta disperata di aiuto/S.O.S., alla ricerca di quel disperato contatto umano, che ne raccolga il dolore della sofferenza, in un’empatia, che vada oltre l’orribile mostruosità superficiale, giungendo al cuore della pietas data dal contatto con l’altro.
Per Trumbo la conclusione non può che essere negativa, in quanto le sovrastrutture Dio/scienza mettendo innanzi alla volontà ultima dell'essere umano, rispettivamente il bene della vita in una qualsiasi condizione prima di tutto anche quando essa non può definirsi più tale ed il freddo progresso scientifico delle macchine, sono entrambe espressione della bio-politica portata avanti dal capitalismo-militarista del XX secolo, che svuota il corpo di ogni diritto, facendone oggetto di controllo a cui resta solo il ripetuto ed ossessivo gesto di un aiuto, disperso nella tetra oscurità annichilente.
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