Regia di Denys Arcand vedi scheda film
«Per far funzionare le tette occorre drenare sangue dal cervello. È per questo che le donne sono più stupide». Parola della fetta maschile della banda ormai anziana e immalinconita del Declino dell’impero americano, riunita in una clinica e poi in una bella casa sul lago per accompagnare alla morte uno di loro, Rémy, socialista lussurioso cui è toccato in sorte come figlio un capitalista puritano. Solo una delle tante boutade che animano i dialoghi fitti e paradossali (e di alto livello) di questo film corale che mette a confronto padri cinquantenni che hanno conosciuto la Rivoluzione culturale cinese attraverso Godard e Sollers e poi un bel giorno hanno incontrato cinesi veri cui erano state sterminate la famiglie e figli scontenti, distanti e diversi; uomini chiacchieroni e donne che, nei 17 anni trascorsi dal primo film, hanno preso in mano la loro vita; l’impero americano vissuto dall’immediata periferia (il Canada) e il resto del mondo (barbaro) che preme ai suoi confini. Denys Arcand non è un grande regista; il suo film migliore resta Il declino dell’impero americano, del 1986, di cui Le invasioni barbariche è un seguito comunque intelligente e non banale. Film solo di parola e di attori (infatti a Cannes ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura, dello stesso Arcand, e per la migliore attrice, Marie-Josée Croze), ha tuttavia il pregio di non essere rabbonito (se non nella morte) e di trasmettere ancora qualche dubbio.
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