Regia di Denys Arcand vedi scheda film
A un anziano professore universitario di Montreal (Girard), attaccatissimo alla vita, sottaniere ed epicureo, viene diagnosticato un cancro in stato ormai avanzato. Da Londra arriva suo figlio (Rousseau), epitome in carne e ossa della barbarie neocapitalista, che farà di tutto per lenirgli le sofferenze degli ultimi giorni di vita, a dispetto dei rapporti non proprio fluidi che i due hanno avuto per un'esistenza intera. Così, il figlio raduna al capezzale del padre quelli che per quest'ultimo furono gli amici di un tempo, gli fa ricavare un alloggio dignitoso in un ospedale che somiglia a una casbah, assolda alcuni studenti perché questi vengano ad omaggiarlo all'indomani del suo improvviso pensionamento e arriva al punto di procurargli dell'eroina per ottenere sul dolore l'effetto decuplicato della morfina. 17 anni dopo Il declino dell'impero americano, Arcand raduna gli attori di un tempo per una sorta di Grande freddo che affronta i grandi temi della morte, dell'amicizia, dell'amore e dei rapporti tra genitori e figli con uno stile che si muove in perfetto equilibrio sul crinale tra la rappresentazione del bene e quella del male. Droga, tradimento e corruzione vengono mostrati in una doppia valenza, all'insegna di una dialettica nietzschiana capacissima di guardare oltre l'apparenza delle cose. Dialoghi acutissimi, recitazione impeccabile, narrazione fluida, riso e pianto, sceneggiatura da manuale - giustamente premiata a Cannes con il massimo titolo - fanno del film del regista canadese un gioiello che dimostra come il cinema possa volare altissimo posandosi leggero sui tanti -ismi di una narrazione che ribatte all'imperialismo barbaro del denaro con una rappresentazione entusiasmante del sapere. Premio a Cannes per la migliore interpretazione femminile a Marie-Josée Croze, bella oltre che brava.
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