Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Film che riesce a stordire i sensi e a catturare l'attenzione più coi suoi silenzi, paradossalmente, che con il suo comparto thriller/crime.
Se dovessi indicare un tratto iconico di Elephant, la mia scelta cadrebbe non tanto sul finale movimentato a colpi di fucile, quanto sugli interminabili long take che (in)seguono gli studenti nei corridoi di questa high school americana dove il film ha interamente luogo. La storia del cinema thriller è piena di criminali che sparano e di vittime che muoiono; ma questo non è un normale film thriller, per la struttura ricorda molto di più un horror, quegli slasher movies anni ‘70 con atmosfere di attesa soffocanti e malsane. Assistiamo allo svolgersi della normale giornata di queste giovani vite, e già ci sembra di udire in lontananza l’eco delle loro urla, di osservare il colore del loro sangue fresco che si sparge per terra, di annusare l’odore acre del loro sordo terrore. In seconda istanza, Van Sant è debitore ai film generazionali post-sessantottini per l’introduzione delle questioni adolescenziali: il bullismo, il culto dell’apparenza esteriore, l’incomunicabilità, la solitudine, le prurigini sessuali (ed omosessuali), l’incapacità degli adulti di dare risposte concrete di sostegno ai ragazzi. Nella prima parte Van Sant mette alla sbarra la società inchiodandola alle sue responsabilità, all’elefante a cui si è rifiutata di guardare e dare un nome: la seconda pare più una naturale conseguenza che una tragedia del destino. Nel riscatto finale e cruento del frustrato rintracciamo invece l’afflato sociale di opere come Carrie di De Palma: un analogo straniamento rispetto al capolavoro depalmiano ottunde la nostra capacità di giudizio. Anche se siamo di fronte a una sparatoria nella quale vengono falciate a vista persone inermi, non siamo totalmente in grado di decidere dove stia il giusto, e cosa sia invece realmente da condannare. Qual è l’autentica tragedia? Un fatto di sangue isolato? O le piccole sofferenze e i piccoli soprusi di ogni giorno? Van Sant sovverte le categorie morali, ed incrina le nostre certezze di sempre.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta