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Diamanti

Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Diamanti

di Andreotti_Ciro
7 stelle

A un lustro da La Dea Fortuna (id.; 2019) ultima sua pellicola andata in sala. E a un anno da Nuovo Olimpo (id.; 2023), girato per essere trasmesso direttamente su Netflix, Ferzan Özpetek dirige il suo quindicesimo lungometraggio partendo dalla meta narrazione del proprio lavoro di regista. Aprendo il sipario con un pranzo nella sua abitazione e alla presenza degli attori e attrici con i quali ha avuto il piacere di lavorare. Motivandone l'invito con il desiderio di lavorare assieme a Diamanti, la nuova sceneggiatura pensata per coinvolgere ogni astante nella creazione di un film corale e femminista, ambientato nella Roma degli anni di piombo, all'interno della sartoria Sorelle Canova.

 

Özpetek riesce a dare ordine alla narrazione senza creare confusione nello sguardo di chi assiste in sala. Il rimbalzo temporale e narrativo viene immediatamente spostato all'interno del perimetro della villa - sartoria gestita da una coppia di sorelle, Alberta e Gabriella, entrambe dotate di evidenti differenze caratteriali. A dare loro una mano, un manipolo di sarte e di costumiste ognuna caratterizzata principalmente dai propri problemi e dalle proprie ansie personali. Con figli da crescere da sole, o afflitti dalla depressione, con mariti prossimi all'uxoricidio, o colpevolmente assenti. Unico tratto comune la certezza che attraverso il lavoro di gruppo, la solidarietà con la quale ognuna è unita alle altre, si possano ottenere quelle soddisfazioni che spesso la vita è avara nell'elargire.

Ogni attore, ogni attrice e ogni semplice comparsa, occupa alla perfezione il proprio ruolo che fa da tassello impossibile da sostituire all'interno di un film collettivo che sopravanza le singole prove recitative. Menzione particolare per Luisa Ranieri, nel ruolo di Alberta Canova, e Jasmine Trinca in quelli della sorella Gabriella. La prima fredda e professionalmente calcolatrice, induritasi a causa delle continue inefficienze della sorella e pronta a comandare, senza desiderio di essere contraddetta. La seconda molto più aperta al dialogo con le proprie dipendenti, molto legata alla propria sfera privata, rappresentata dal marito Lucio, il cantante Luca Barbarossa; ma anche ancora scossa a causa di un grave lutto personale.

 

Özpetek aggiunge quindi l'espediente meta narrativo per auto celebrarsi e celebrare coloro che hanno dato vita, chi più chi meno, ai suoi successi. Aggiungendo una sotto trama fatta di tante storie personali, alle quali aggiunge la centralità del cinema, celebrato tramite le bizze di una costumista premio Oscar (Vanessa Scalera) pronta a fare e disfare a proprio piacimento qualunque tipo di lavoro altrui.

Nel complesso probabilmente non il miglior film del regista di origine turca, ma girato con una sincerità d'intenti e una cura nei dettagli che ultimamente non avevamo più visto. Un film anche in grado di toccare molti degli aspetti del mondo femminile, sia attuale che dell'epoca, che anche in tal caso e solo di rado avevamo visto trattare.

 

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