Regia di Samira Makhmalbaf vedi scheda film
Terzo film, dopo La mela e Lavagne (più l’episodio nel collettivo 11 settembre 2001), dell’iraniana Samira Makhmalbaf, figlia del regista Mohsen e sorella della neoregista Hana. Vincitore a Cannes, con decisione criticata, del Premio della giuria. Come Viaggio a Kandahar firmato dal padre, anche questo film è ambientato in Afghanistan, poco dopo la caduta del regime dei talebani. Tema: la condizione femminile in quel tormentato paese, liberato (fino a che punto?) e da ricostruire, con il peso di troppi strascichi del passato. Si racconta di Noqreh, una ragazza che decide di frequentare la scuola senza dire nulla in famiglia, perché il padre integralista le vieterebbe sicuramente di farlo. La ragazza vuole studiare a tutti i costi perché ha un singolare obiettivo, emblematico del suo desiderio di emancipazione: da grande vuole diventare Presidente della repubblica. Fin qui, la prima parte del film con molte scene rubate per le strade di Kabul. Poi il padre decide di partire con le figlie per il deserto perché la vita cittadina è corruttrice della morale familiare. E qui cominciano lirismi, voli poetici, velleitarismi, momenti enfatici. La discussione è aperta: c’è chi sostiene che è vera poesia e chi no. Noi, in tutta sincerità, no.
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