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Infedeltà

Regia di William Wyler vedi scheda film

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La recensione su Infedeltà

di luisasalvi
8 stelle

Ricostruzione fedele (mi pare anche nello spirito) del romanzo di Lewis, Dodsworth (che è anche il titolo originale del film), ma coerente alle idee di Wyler e complementare al precedente La calunnia: Fran, la giovane e giovanile moglie del ricco industriale Sam, convince il marito a lasciare la sua industria per viaggiare in Europa e frequentare il bel mondo; già durante la traversata accoglie e favorisce la corte di un bellimbusto (Niven), ma offesa lo scaccia quando lui alla fine del viaggio si permette di baciarla, e lui le fa notare che lei lo aveva invitato implicitamente durante tutto il viaggio. Il successivo flirt andrà oltre, e finirà per intervento del marito; l'ultimo dovrebbe concludersi con il divorzio da Sam e un nuovo matrimonio, cui però si oppone la baronessa madre dell'amante, perché Fran è più vecchia dell'amato. Allora lei vuole tornare al marito, che ormai era riuscito a recuperare interesse alla vita grazie ad un'altra donna, ma che è pronto a tornare da lei perché pensa che lei ne abbia bisogno, ma quando la ritrova arrogante e priva di rimorsi, compiaciuta di saperlo riconquistare e dominare, la lascia.

Wyler rifiuta l'intolleranza e il fanatismo, ma non per questo propone permissività generale; come riconosce la chiusura provinciale delle cittadine americane (in questo ha ragione Fran) ma non per questo esalta o accetta incondizionatamente la disinvoltura morale e intellettuale della vecchia Europa (da cui Fran si lascia affascinare), così il rifiuto di pregiudizi, o anche solo di giudicare il prossimo, non lo porta ad ogni tipo di tolleranza. Del resto sono più intolleranti, spesso, gli "immorali", verso comportamenti diversi da quelli da loro scelti; così la nobiltà austriaca, rappresentata nella baronessa madre dell'ultimo amante di Fran, le si oppone perché lei è vecchia, e il figlio innamorato e apparentemente libero è legato alla madre in modo eccessivo; così in Strada sbarrata Martin, omicida e sleale e maestro di slealtà per i giovani ragazzi della strada, è moralista ingiusto verso il suo primo amore che per uscire dalla miseria ha fatto la prostituta.

Dopo aver condannato la calunnia della gente che si permette di credere a pettegolezzi e di giudicare il comportamento del prossimo, Wyler propone qui un esempio concreto di quella "colpa" di infedeltà che nel film precedente era solo ingiustamente sospettata; e mostra come, se è riprovevole l'intolleranza e il pregiudizio della gente, è tale, o almeno molto pericolosa, anche l'eccessiva tolleranza di chi vi è coinvolto, in questo caso il marito troppo innamorato e prima fiducioso, poi dolorosamente consapevole ma troppo tollerante; e forse viene il sospetto che fra i due mali, per Wyler come per Lewis, pur critici verso la borghesia provinciale americana, sia minore il moralismo di questa che il permissivismo della bella società europea; infatti Fran si era mantenuta sostanzialmente fedele e buona moglie e madre finché era rimasta costretta a vivere nella sua cittadina provinciale, noiosa e moralistica ma proprio così salvaguardia contro gli eccessi; un breve episodio, di un rientro di Sam a casa sua da solo, sembra avere l’unico scopo didascalico di far vedere che nella sua città la moglie era stata una buona moglie; ma anche questo, apparentemente meno felice, è condotto con finezza psicologica e ironia nel presentare i rimpianti del marito su cose quotidiane di poco conto e la sua irritazione inconsapevole per la perdita della moglie che desidera ancora, anche se lei era "buona" solo dal punto di vista meschinello del marito a sua volta borghese, che ne vede i meriti nel fargli trovare il whisky e la posta al posto giusto al suo rientro dal lavoro. L'ideale rappresentato dall'altra donna, che gli insegnerà un nuovo gusto per la vita e lo invita a vivere a casa sua, liberamente, ignorando le malignità della gente, ma chiarendo che questo non autorizza lui a pensare di poter fare ciò che gli altri sospetteranno, a sua volta non è melenso né convenzionale: secondo una morale autonoma e libera dai moralismi americani come dagli eccessi europei. Il rapido precipitare dei comportamenti e dei principi stessi della moglie è anche conseguenza dell'eccessiva tolleranza di Sam; perciò lei, che la prima volta era pentita per un bacio imprudentemente provocato e subìto ma non voluto, ora dice di non esserlo per l'esplicito tradimento; la prima volta aveva chiesto aiuto e protezione da se stessa, e non ne aveva avuta abbastanza da un marito troppo innamorato, ora non chiede nulla, esige capricciosamente, compiaciuta del dominio che esercita su di lui, senza sospettare che invece lui è tornato solo per compassione.

Tutto questo per la comprensione del film, ad evitare travisamenti come Mereghetti che vede la moglie pentita e interpreta il rifiuto di riprenderla da parte del marito (ma perché mai rifiuterebbe ora, dopo averla raggiunta dolorosamente, se la avesse trovata pentita?!) come "un vero colpo basso per il codice Hays", e sembra apprezzare il film per questo. Al contrario, il film, pur non avendo nulla di moralistico, è moralmente molto più educativo e più in linea con il codice Hays che se fosse concluso con un nuovo perdono che avrebbe avallato i tradimenti precedenti e invogliato a compierne altri: nessun cedimento melodrammatico, come invece usava e pochi anni dopo trova il suo trionfo in Via col vento, esaltazione dell'amore libero, e come tale visto solo nell'adulterio, tipico di ogni ambiente che si considera raffinato ed evoluto, come era stato l'amor cortese già condannato e deriso da Dante.

Quanto al giudizio, andrebbe rivisto altre volte, e credo che lo meriti; sto già ripensando il giudizio su Wyler, di cui in gioventù mi erano piaciuti film facili di successo che ora trovo solo abilmente commerciali; poi qualche eccesso virtuosistico di Bette Davis, pur sempre bravissima, mi lasciava qualche dubbio sui film di questo periodo; ma forse proprio questi vanno rivisti.

Un unico tocco melodrammatico, di vistosa concessione al gusto del pubblico, mi pare così spettacolare da acquistare, nel contesto, un sapore ironico: quando Fran, persa la prospettiva del nuovo matrimonio, telefona per recuperare il marito che sta per partire con la nuova amica cui ha finalmente fatto la sua timida dichiarazione e richiesta di matrimonio, e lei capisce il senso della telefonata e fa dire che non c'è nessuno, e gli squilli del telefono si ripetono, con rinnovata tensione per lei e per il pubblico, e proprio alla fine, mentre ormai stanno partendo, un'ultima telefonata lo raggiunge e lo arresta e lui abbandona i progetti e le promesse appena fatte e lascia l'amica per raggiungere la moglie, ormai non più amata ma che ha bisogno di lui: delusione del pubblico, accresciuta dal comportamento arrogante di Fran che nel frattempo è peggiorata e chiaramente ormai irrecuperabile; finché il marito la lascia e scende dalla nave già in partenza. Un lieto fine che pochi minuti prima sarebbe stato naturale, ma anche banale, assume così un sapore ironico, di gioco nei confronti del pubblico e del film; o almeno a me pare, e mi pare coerente alla cultura e al gusto di Wyler; anche se con il tempo i suoi cedimenti commerciali, forse dapprima mascherati di ironia, diventano più netti e meno accettabili. Come se anche lui, come Fran, avesse perso il senso della misura abituandosi ai compromessi.

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