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Pyaasa - Sete eterna

Regia di Guru Dutt vedi scheda film

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La recensione su Pyaasa - Sete eterna

di steno79
9 stelle

Il cinema indiano da noi non ha mai sfondato, si sa, e anche se non si avvicina neanche lontanamente alle glorie di una cinematografia asiatica come quella giapponese, ha avuto ugualmente alcuni autori di spicco: primo fra tutti Satyajit Ray, ovviamente, a cui si possono accostare altri registi importanti come Ritwik Ghatak, Mrinal Sen e Guru Dutt. Tra questi artisti è forse proprio Dutt il più poetico e il più sofferto di tutti, morto a soli 39 anni probabilmente suicida, e questa intensa "brama di vivere" che caratterizza la sua opera è benissimo esemplificata dal film "Sete eterna", che può essere forse considerato il suo capolavoro. Lo vidi una prima volta molti anni fa su Fuori Orario di Ghezzi, insieme al successivo "Fiori di carta", e l'ho rivisto in questi giorni in una buona copia con sottotitoli inglesi. La storia vede come protagonista il poeta Vijay, costretto a vivere di espedienti in una Calcutta indifferente al suo dramma, incapace di ottenere una pubblicazione adeguata per le sue poesie, che spesso recita in diverse scene del film, finché un equivoco su una presunta morte di Vijay porterà allo scoperto la natura avida e meschina di molti personaggi che lo circondano. Il film è un'opera di denuncia appassionata sul materialismo della società e il ruolo mercificato dell'artista, in cui Dutt mette sicuramente molto di autobiografico, anche se ad onor del vero questo film ebbe un ottimo riscontro sia commerciale che critico, mentre fu il fallimento del successivo "Fiori di carta" a gettare Dutt in una depressione da cui non si sarebbe più ripreso. Il film è una sorta di musical indiano con alcune sequenze che sono effettivamente cantate e ballate come in un prodotto hollywoodiano dell'epoca, mentre in altre abbiamo solo la voce di Vijay che recita le poesie e il montaggio ci restituisce frammenti di realtà locale dell'epoca; in ogni caso il risultato non è mai noioso. Dutt ha una recitazione fortemente interiorizzata che restituisce con efficacia il tormento esistenziale del protagonista, mentre le due figure femminili principali sono affidate a Waheeda Rehman e Mala Sinha, attrici il cui nome non dirà nulla al cinefilo nostrano ma che in India credo godessero di una certa fama, e sanno recitare in maniera apprezzabile; il ruolo di contorno di maggiore spicco è affidato a un comico il cui nome d'arte è Johnny Walker (!), capace di animare alcuni siparietti abbastanza gustosi. A livello registico, il film si fa notare per un uso estremamente mobile della mdp e per il frequente ricorso alla profondità di campo; Dutt sapeva certamente il fatto suo nella composizione dell'immagine e nell'utilizzo del sonoro, e spiace che non abbia avuto l'occasione di sperimentare queste sue tecniche in un numero maggiore di film successivi, perchè qui siamo spesso su livelli di eccellenza. Di grande risonanza emotiva il finale, da non rivelare per chi fosse interessato a visionare la pellicola.

voto 9/10 

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