Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Here. Qui. Un unico luogo (nel New England), un unico punto macchina dal quale "filmare" lo scorrere del tempo, dall'epoca dei dinosauri a quella del Covid-19, in quella terra sulla quale venne edificata una casa di cui vediamo il salotto, la vetrata che dà sulla stada, l'avvicendarsi degli alberi di Natale (è sempre Natale…) o dei giorni del Ringraziamento. In quella casa seguiamo le vicende di Al (Bettany) e Rose (Reilly), del loro primogenito Richard (Hanks) e della moglie Margaret (Wright). Li vediamo cambiare fisicamente, invecchiare e morire, osserviamo lo scorrere del tempo sui loro volti e sui loro corpi, grazie ai prodigi della Computer-generated imagery (CGI).
Il ventunesimo film di Robert Zemeckis - tratto dall'omonimo fumetto (o, come dicono quelli che non hanno mai assimilato la lezione di Dwright McDonald, il Graphic novel di Richard McGuire) - è un mero esercizio di stile, una sfida interamente tecnologica dove tutto sta nei prodigi dell'intelligenza artificiale, capace di scomporre e ricomporre in maniera vorticosa quadretti con finestre temporali sovrapposte nell'unica inquadratura del film. È il primato assoluto della forma sul contenuto, il rovesciamento di un capolavoro (l'ultimo del regista, e sono passati ormai 25 anni) come Cast Away, che con niente ti teneva incollato allo schermo. Qui (Here, appunto) lo spettatore viene abbandonato a siparietti senza alcun senso, scene di ordinaria vita quotidiana che nulla hanno a che vedere con le pietre miliari di un autore che ha saputo vincere e convincere con racconti strepitosi (Ritorno al futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit?, Forrest Gump). È anche questo un segno dei tempi, col quale la tecnica prevale sulla capacità di raccontare, di inventare una storia, di creare prodotti originali senza dover ricorrere a un fumetto di 35 anni fa.
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