Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
I fratelli Vanzina escono dal tunnel del pecoreccio per entrare in quello della banalità. Se è vero che “Il pranzo della domenica” è una delle opere più presentabili dei due fratelli romani, è altresì vero che le baggianate ed i luoghi comuni superano di gran lunga gli spunti di riflessione (di cui la tematica è gravida) per farne una commedia come si deve (si confronti a tal proposito sul tema “Parenti serpenti”, di Mario Monicelli, 1992).
Tre sorelle, con le loro rispettive famiglie, si ritrovano come ogni domenica in casa della tostissima mamma Franca. Ognuno pare vivere la propria vita limitandosi alla comparsata settimanale come intervallo tra i propri problemi e le proprie magagne; ma quando Franca finisce in ospedale per la rottura di un femore, le tre famiglie, con le loro estreme diversità di vedute, dovranno giocoforza coordinarsi e, per farlo, riprendere a dialogare…
La caratterizzazione barocca, il ricorso allo stereotipo (il giornalista comunista, l’avvocato facoltoso e cascamorto) ed un piattume diffuso sono le cose che maggiormente balzano agli occhi. Le basi per una commedia degna di tale nome c’erano tutte, ma alla fine, complice anche una fotografia da set televisivo e gli attori ormai assoldati pienamente dal piccolo schermo, “Il pranzo della domenica” pare la bella copia di un film di Pingitore, solo più serioso e con meno parolacce.
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