Regia di Steve Beck vedi scheda film
La "DarkCastle" della premiata ditta Zemeckis/Silver insiste e dopo "Il mistero della casa sulla collina" e "I tredici spettri" propone "Nave fantasma" diretto da Steve Beck, responsabile anche del non già troppo esaltante "I tredici spettri", oltre che direttore artistico degli effetti visivi di titoli come "Caccia a ottobre rosso" e "The abiyss", quindi, in teoria, con una certa dimestichezza con le atmosfere marittime. In realtà siamo ben lontani dal fascino suggestivo e dalla tensione pregnante del film di Cameron. Horror da drive in per le nuove generazioni, "Nave fantasma" parte come un episodio della serie "Love Boat", (citato peraltro dagli stessi protagonisti) dove l'atmosfera di festa e lusso viene improvvisamente squarciata da una carneficina inattesa e violentissima, in una sequenza splatter e truculenta molto efficace che indubbiamente illude e fa ben sperare. Ed infatti la prima parte del film regge piuttosto bene, grazie alle suggestive, sinistre e inquietanti scenografie di Grace Walker e ad una regia che sa fondere dignitosamente il motivo classico della casa infestata con quello sempre affascinante del vascello fantasma. Poi purtroppo prevale la filosofia da horror sanguinolento in cui solo l'eroina di turno deve salvarsi ed il film sprofonda, è proprio il caso di dirlo, in un mare di consuete e annoianti ovvietà. Tra cadaveri galleggianti, lingotti d’oro, piscine che si riempiono di sangue, muri che si impregnano di sangue o traforati da migliaia di proiettili, rasoi insanguinati, orologi digitali, le immancabili porte che cigolano o si chiudono all’improvviso senza un’apparente spiegazione, jaguar abbandonate, topi, sigarette fumanti appena accese in una nave dove non c’è vita da almeno 40 anni, cibi surgelati inizialmente assai gustosi che poi si trasformano inaspettatamente in vermi vivi, ciondoli che trapassano le mani, bambole e disegni di bambina, nel film c’è un po’ di tutto tranne la cosa fondamentale: una suspense autentica e costante. Se si sobbalza è solo perché il dolby fa il suo dovere. Il lungo flashback poi che spiega come sono andate realmente le cose è fracassone, confuso e decisamente sovraccarico. Sul finale infine (lo spirito demoniaco è involontariamente comico, anche perchè l'attore che lo interpreta tocca vette di ridicolo) è d'obbligo il classico velo pietoso. Una sola sequenza efficace, oltre all’incipit, quella in cui il personaggio di Isaiah Washington si trova catapultato nell’atmosfera festosa della Antonia Graza di quarant'anni prima e viene sedotto dalla cantante Francesca che, sul più bello, quando l’uomo pensa già ad un incontro focoso con un fantasma, lo farà precipitare nel vuoto, accogliendolo con un ironico “Benvenuto a bordo” e rivelando quindi tutto il suo “fascino” di spettro: come a dire, a volte è meglio tenere a freno i propri istinti. E proprio dagli istinti (un’avidità divorante) sono guidati i protagonisti: prima la possibilità di recuperare un grosso transatlantico, poi di arricchirsi con lingotti d’oro che potrebbero cambiare le loro vite. Lezione: meglio accontentarsi di quello che si ha. Ma anche su questo tema, dopo John Huston e il suo “Il tesoro della Sierra Madre” è già stato detto tutto: il resto è mancia. Cast annoiato (Gabriel Byrne), quando non sprecato (l’intensa Julianna Margulies di “E.R.”), ma c’è anche spazio, incredibile a dirsi, per l’italiana Francesca Rettondini, in una parte peraltro di pura cornice e destinata comunque ad una fine davvero brutta. Molto gore ma poca originalità e anche i richiami allo "Shining" di Kubrick sanno tanto di muffa. Una nave dei dannati che di inquietante non ha nulla. E poi di bambini fantasma, francamente, non se ne può più.
Voto: 4
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