Regia di Fernando Meirelles vedi scheda film
La città di Dio, megafavela brasiliana, è un posto dal quale difficilmente si esce vivi. La morte è in agguato ad ogni angolo di strada o vicolo scalcinato. La vita è senza speranza e si cerca, fin da giovanissimi, una via d’uscita dal mortale anonimato, nell’unico modo che si riesce a concepire in una realtà del genere: ricorrendo alla violenza. Che non risparmia nulla e nessuno. Meirelles, nel raccontarci la genesi anche (anti)architettonica di questi meandri di catapecchie, si affida ad un osservatore “esterno”, Bustapé, il quale, pur vivendo nelle stesse misere condizioni dei suoi concittadini e amici, cerca una via d’uscita dalla disperazione aggrappandosi ad un sogno e ad una passione: la fotografia. E’ lui a raccontarci la storia di diverse generazioni di piccola criminalità brasiliana, partendo dalle imprese quasi romantiche di bislacche e improbabili gang degli anni 60, fino alle spietate e spregiudicate bande degli anni 80. La vena malinconica pervade inizialmente la pellicola, esemplificata dalla rappresentazione della favela anni 60, un ambiente quasi bucolico se rapportato al tragico futuro prossimo, fatto di caseggiati poveri ma colorati e dignitosi, pervasi da quella particolare luce di spensieratezza di fronte ad ogni avversità tipicamente sudamericana. Il regista dimostra di conoscere a menadito i lavori di Scorsese e De Palma, prediligendo la coralità del primo e l’inesorabilità drammatica del secondo piuttosto che l’epicità coppoliana. La sua intenzione, credo, era di tratteggiare un affresco quasi sociologico della vita criminale brasiliana e delle varie generazioni di disperati che si ammazzano fra di loro, senza soluzione di continuità; il più forte e spietato prima o poi cadrà, sostituito da un altro altrettanto feroce e spregiudicato, in una catena senza fine. Un bel film, in definitiva, con gli unici difetti di disperdere un po’ il racconto con la pletora di flashback esplicativi e la divisione in capitoli, nonché ingarbugliare la storia con soluzioni romanzate forse eccessive (anche se il tutto dovrebbe essere tratto da una storia vera).
Corale
Buona.
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