Regia di Sophie Marceau vedi scheda film
Imperfetto, difficile, spigoloso e a tratti sgradevole, "Parlez-moi d'amour" è un film che si avventura con spaesato coraggio nelle pieghe di sentimenti rivelatori. Le urticanti incomprensioni che tormentano la relazione coniugale tra la giovane Justine (Judith Godrèche) e l'attempato Richard (Niels Arestrup) altro non sono, infatti, che spinte a bucare la superficie del sentire ed esplorare le anfrattuosità del sé. Poco importa, allora, che l'operazione di scavo fallisca per eccesso - nell'autoanalisi accanita e vagamente caricaturale di Justine - o per difetto - nell'insoddisfazione bozzettistica di Richard -: il tracciato morale della vicenda è disegnato senza tentennamenti e l'indulgenza ipocrita dell'autoassoluzione è scongiurata con lucidità. Il medesimo impasto di determinazione e turbamento informa le brusche variazioni stilistiche, oscillanti tra un realismo ruvido e convulso - schizzato da vorticosi movimenti di steadycam e spezzato da un montaggio a strappi - ed improvvise fughe nei territori della fantasticheria - cristallizzate in immagini di secondo grado, ovvero immagini generate da altre immagini (cinematografiche o pittoriche) - passando per un registro riflessivo e malinconico - disteso in lunghi e rispettosi carrelli attenti a non violentare l'intimità dei personaggi. Discrezione dell'immagine che è anche e soprattutto discrezione dei sentimenti. Una misura che, purtroppo, la Marceau smarrisce nelle sequenze "sbiancate e cantate" dei flashback, preferendo le facili e ovvie scorciatoie del patetismo. Doppiaggio raccapricciante.
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