Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Ricordato per essere l'ultimo parto artistico della prolifica carriera di Fulci, Le porte del silenzio è un mediocre prodotto della fase finale del regista, quella in cui si dedicò esclusivamente all'horror/thriller. Tralasciando per una volta la componente splatter della sua vena creativa, Fulci (anche sceneggiatore, nonostante lo pseudonimo Jerry Madison) dirige (e qui invece si firma come H. Simon Kittay!) un'opera a budget ridotto che per novanta minuti gira continuamente attorno alla stessa idea: un uomo in auto costretto a inseguire un misterioso carro funebre. Come in un piccolo quadretto alla Poe, Fulci mette in scena un montare di angoscia e disperazione, di sconforto e sgomento che culminano nel giusto, apocalittico, surreale finale; i limiti tecnici/materiali dell'operazione però sono tali da gambizzare il potenziale ansiogeno della storia. Fra tali limiti va annovarata innanzitutto la scelta di un protagonista insapore come un John Savage evidentemente svogliato (o magari diretto con poco polso da Fulci), per tacere poi delle lunghe sequenze di inseguimenti che, per quanto adeguatamente girate, alla lunga diventano scopertamente monotoni riempitivi; se si considera poi che situazioni e dialoghi sembrano scritti con toni televisivi (tutto perennemente sopra le righe, psicologie minime o nulle, frasi fatte a iosa), il gioco è fatto. Curiosità: dei costumi si occupa Laura Gemser, proprio la stessa che anni prima interpretò con successo (e relativo scandalo) Emanuelle. 3/10.
Incontrando un carro funebre sulla sua strada, Melvin cerca in ogni modo di evitarlo o sorpassarlo, di cambiare percorso o di fermarsi per lasciarlo andare. Ma inesorabilmente il carro funebre ritorna sulla sua strada: e chi sarà il passeggero nella bara?
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