Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Film agghiacciante, tetro, gelido e affascinante per un Fulci che dice addio al cinema con il solito estro e con vena elegiaca. Horror metafisico senza spargimenti di sangue, su un uomo, Melvin Devereux, che nel suo viaggio verso casa è perseguitato da visioni macabre. Finchè non scopre di avere incontrato la Morte in persona. Siamo tutti dei Melvin Devereux e dinanzi al Nulla dell'Infinito (Fulci cita l'Apocalisse) "non abbiamo che la nostra ombra a farci compagnia". Fulci non rinuncia ai toni apocalittici di suoi vecchi successi come "L'aldilà" ma ripiega su una drammaticità più latente e bergmaniana. Alla fine resta la contemplazione del Nulla, e Fulci in questo film si autoannulla: tutto si raffredda dinanzi alla contemplazione gelida della Morte. A causa di una malattia non avrebbe più potuto girare film e sarebbe stato assistito dall'antico rivale Dario Argento sino alla morte nel 1996: questo è il suo requiem in ogni senso. Un film girato con l'anima, dove la cinepresa non si sente, è lievissima, tutto è un grido soffocato e soffocante di addio.
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