Regia di Frank Pierson vedi scheda film
La genesi della “soluzione finale” della questione ebraica. L’apocalisse di milioni di vite.
In una lussuosa residenza privata sulle sponde del lago Wannsee (alle porte di Berlino), il 20 gennaio 1942 il gotha della Germania nazista si ritrovò per decidere, una volta per tutte, la sorte della razza ebraica.
Conspiracy - Le origini della Shoah ripercorre, allora, velocemente (ma senza svogliata superficialità) i momenti più salienti di quelle tragiche ore di lucido, agghiacciante abominio speculativo. Ore nel corso delle quali ogni più minima divergenza di opinione (talune sul “metodo” da adottare; quasi nessuna sul “se” adottarlo) venne appianata facendo ricorso a tecniche ben più efficaci dell’abilità oratoria (forme di dissuasione, piuttosto, assai meno nobili, ma pur sempre acconce alle circostanze).
Ebbene, Conspiracy - Le origini della Shoah è un film a dir poco splendido: F. Pierson dirige, in maniera eccellente, ben più di una dozzina di interpeti quasi sempre rintanati in una (invero ariosa) sala riunioni. Gli spazi, giammai angusti (gli estesi perimetri della villa rifuggono qualsivoglia clima di oppressione, ovunque, piuttosto, dilagante, quest’ultimo, al di fuori di essi), offrono ampie possibilità di scelta a Pierson. Così egli gioca con i suoi attori. Li fa muovere di continuo, per l’insofferenza di una situazione fortemente gravosa o anche solo per far servire i convitati di ogni ben di Dio (mentre alle truppe - manco a dirlo - tocca riempirsi la pancia della neve di Mosca). Li inquadra da tutti gli angoli visuali. Li asseconda nelle loro inusuali modalità di espressione (la ferrea disciplina non ostacola manifestazioni di consenso che passano attraverso il battito dei pugni sul tavolo). Cerca di estrarne non solo le convinzioni personali, ma finanche… lo spirito (o quello che ne rimane).
Così, la mdp di Pierson finisce per immortalare “ristrettezze” ben diverse da quelle ambientali. Quelle della mente; e del cuore; e dell’anima, piuttosto. Quelle ristrettezze che - in un mondo stretto nella morsa della radicata, perversa ideologia della superiorità della razza ariana e profondamente asservito al rigidissimo codice militare della gerarchia - fanno sì che la morale, le convinzioni e gli ideali personali cedano dinnanzi all’assoluta, incondizionata fedeltà al capo, al fuhrer (o a chi ne fa le veci). Quelle che comportano che qualsiasi possibile forma di dissenso venga stritolata sul nascere (il pensiero dominante è anche l’unico).
Quelle che inducono a credere di poter assumere un’agghiancciante decisione - sull’annientamento di un intero popolo - nell’arco di una manciata di ore, spese, fra l’altro, a pasteggiare agiatamente, mentre si formulano auspici deliranti su (improbabili) tempi migliori.
Ahh… che vero toccasana la lettura delle didascalie che compaiono nei titoli di coda!
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta