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Il sapore del riso al tè verde

Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il sapore del riso al tè verde

di vermeverde
7 stelle

I temi di questo film (titolo originale “Ochazuke no aji”) sono quelli trattati con costanza nei film di genere “shomingeki”(relativo ai fatti della vita quotidiana) dell’ultima fase del regista: il rapporto tra figli e genitori (riflesso del contrasto fra tradizione giapponese e modernismo occidentale postbellico), contrasti fra coniugi e difficoltà nel decidere il matrimonio.

I due poli entro i quali si svolge la vicenda sono evidenziati, fin dalle prime immagini nel modo di vestire delle due protagoniste femminili, infatti la più anziana Taeko (Michiyo Kogure) indossa un kimono tradizionale e la giovane Setsuko (Keiko Tsushima), figlia della sorella di Taeko, veste secondo la moda occidentale. L’ostinato rifiuto di Setsuko di piegarsi ad un matrimonio combinato ha anche l’effetto di far deflagrare gli attriti e le discordanze fra Taeko e il marito Mokichi (Shin Saburi) che dopo aver toccato il culmine si ricomporranno nel finale. È opinione corrente (senz’altro giustificata) che Ozu sia un assertore dei valori tradizionali giapponesi, tuttavia in questo film la sua posizione mi sembra sia equidistante fra i due poli, non mancando spunti critici sia verso la tradizione che verso la modernità e indicando che il vero obiettivo da raggiungere sia l’armonia e la condivisione fra i coniugi, indipendentemente dal fatto che il matrimonio sia stato combinato o sia frutto di libera scelta.

Nel film è evidente la ricerca di Ozu verso uno stile sobrio e distaccato, che si potrebbe forse definire quasi documentaristico, teso più alla ritualità che al racconto, sebbene non sia ancora raggiunto l’assoluto rigore ieratico delle ultime opere e siano ancora presenti movimenti di macchina poi del tutto abbandonati: gli ambienti sono sempre gli stessi (casa, ufficio, bar, ristoranti), cinepresa ad altezza di persona seduta sul tatami, inquadrature fisse di oggetti ed edifici, montaggio cadenzato.

Quello che non mi convince è la repentina presa di coscienza dei propri errori e il conseguente drastico cambio di atteggiamento nei confronti del marito da parte di Taeko, svolta insolita per Ozu, che appare un forzato espediente didascalico per esprimere il punto di vista dell’autore sui rapporti coniugali. Per questo motivo, nonostante i suoi molti pregi, il film non mi sembra all’altezza dei grandi capolavori quali “Viaggio a Tokyo” e “Il gusto de saké”.

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