Regia di Calum Waddell vedi scheda film
In un documentario(inglese, fatto da Calum Waddell originariamente per le edizioni Arrow) il quale in un'ora e mezza pur pretendendo di essere uno dei più esaustivi fatti fino al 2015 sull'intero filone cannibalico- che al sottoscritto piace poco, pur avendoli visti praticamente tutti- non dice niente di nuovo e non già risaputo se non all'ultimo arrivato dei "neofiti", e nel quale Luigi Cozzi dice alla fine le cose più sensate ed equilibrate ti dice tutto del tenore generale,.
Mentre Tentori/Catalano di "Quelli della notte" con le bricioline di tartine ad angolo bocca al solo sentirlo mette a dura prova la capacità di restare seri-per chiunque-, da anche in fondo la giusta luce e dimensione di uno dei filoni meno nutriti di titoli ma più estremi e per questo apprezzato dagli esegeti più esaltati del nostro "cinema popolare", ma non di così grande successo nelle sale-italiane intendo, non di esportazione-, dell'epoca, così come infatti ricorda giustamente Cozzi.
L'unico che stava andando veramente bene fu "Cannibal Holocaust", che però per le ben note vicende di sequestri e dissequestri giudiziari, nelle sale durò ben poco, qui come altrove.
Lenzi questo lo concede a Deodato, tra una sparata delle solite e un abbellimento "naif" delle storie(impagabile quella delle riprese sul vero ponte del fiume Kwai, "e non quello ricostruito" finto a Bali da David Lean-e ci credo perché in confronto quello vero sembra il ponte di Calignaia-, perché lui "faceva tutto nei veri luoghi, e camminando nella giungla sempre con delle frasche agitate davanti ai piedi, sapete per "spaventare" i temibilissimi serpenti corallo, "che quelli ti uccidono un uomo in pochi secondi", racconti da scompisciarsi tipici del cinematografaro romano nei luoghi esotici), narrate come era connaturato al suo personaggio, nonostante il "dente avvelenato" per non avere fatto lui "Ultimo mondo cannibale" dopo "Il Paese del sesso selvaggio"- quindi per lui suo, primigenio precursore e iniziative vero del filone-, in quanto il produttore non aveva voluto dargli il doppio del compenso rispetto al primo film, stante il successo ottenuto(in Germania Ovest e all'estero, comprese le platee dei cosiddetti "paesi in via di sviluppo", dove questi film italiani andavano solitamente molto bene, ma non in Italia stessa giova ricordarlo, dove la tenuta rispetto ai thriller-gialli e ai "poliziotteschi" era solo discreta), e quindi rinunciandovi per poi essere passato per vie traverse, a Deodato.
Lenzi che rimarca come lui all'epoca dei vari "Mangiati vivi!" e "Cannibal Ferox" non teneva affatto, neppure rilasciando interviste in merito- prima della spropositata e come dice lo stesso Radice, sempre onesto e scevro da esaltazioni, esagerata, indiscriminata rivalutazione dagli anni '90 in poi-, ad essere ricordato come il regista dei cannibalici, ma piuttosto dei gialli-polizieschi e degli ero-thriller, in cui reputava di avere detto qualcosa di migliore.
Informandoci però che ad ogni passaggio dei cannibalici citati in tv, egli prende(va) circa 2500€ due volte all'anno alla faccia nostra, in quanto di quei film era uno degli unici autori detentori dei diritti, a differenza magari di molti altri titoli diretti negli altri generi; per lui a quel punto che fosse quindi ben venuto, il cannibalico.
Alla fine della fiera, viene fuori pure dalle parole di un al solito più misurato e apparentemente schivo e sottotono, per essere un cinematografaro, Sergio Martino autore nel mini-filone del maggiormente "ricco" "La Montagna del Dio cannibale", che probabilmente il miglior titolo del sotto-genere è quell'"Apocalypse Domani" di Dawson/Margheriti, che non è neppure un cannibalico forse in senso stretto, ma più legato per ambientazione americana metropolitana, supermercati, allo zombesco, e per i reduci impazziti del Vietnam, a cose come "La Morte dietro la porta"(Deathdream aka Dead of Night)(1974), di Bob Clark, e "Arrow Beach- La Spiaggia della paura"(Welcome to Arrow Beach)(1974), Laurence Harvey, laddove se anche il reduce protagonista non era del Vietnam, bensì della Corea, era comunque un pazzo cannibale.
Non manca la "specialista" critica del filone, una britannica graziosetta, facente parte dell'altrettanto munifico filoncino degli ultimi dieci anni, delle fan donne dell'"horror estremo".
Cosa spinga realmente una donna ad interessarsi così tanto da "specializzarcisi" come esperta vergatrice di libri sull'argomento, contenente stupri laidissimi e particolarmente efferati, violenze dal vero sugli animali(con la giustificazione dubbia dei coinvolto nei lavori del "è stato solo ripreso quello che gli indios fanno veramente agli animali per mangiarseli, come noi occidentali quotidianamente agli agnelli e ai maiali ecc., quindi cosa è tutta e soltanto, questa ipocrisia". Con il fatto però alquanto ambiguo che queste torture e dissezioni, uccisioni sono state artatamente fatte e riproposte a favore espresso di cinepresa. Nemmeno con la scusa di essere state riprese casualmente durante un documentario, come poteva essere e venire detto da Jacopetti e Prosperi, nei loro comunque incommensurabilmente superiori, "Mondo-movies"), massacri sanguinosi e torture insistite e particolarmente brutali, rivoltanti evirazioni e mutilazioni, svisceramenti splatter, e via di cotante dolcezze e bellurie, è davvero un insondabile mistero della loro psiche.
John Nada
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