Regia di Fred Zinnemann vedi scheda film
Chi legge le mie recensioni, già saprà che sono un sentito estimatore del regista Fred Zinnemann; il quale in netta controtendenza rispetto anche ai registi oggi celebrati dell'epoca, invece di esaltare il lato epico delle vicende, ha sempre dato ampio spazio alla dignità dell'essere umano nelle sue pellicole. Tale regista, tanto celebrato in vita, quanto pressocchè dimenticato dopo la morte, al giorno d'oggi è oggetto di una spaventosa ignoranza critica (non sono mai riuscito a trovare un libro in lingua italiana in commercio, che parli dei suoi film); nonchè di una svalutazione immeritata. In tempi odierni tanta gente s'è fatta un nome facendo film orribili (vedi Snyder o Bay), per via anche del fatto che tendiamo a personalizzare il film come visione del regista; ed invece, il povero Zinnemann anche nella recensione di quel che è il suo miglior film, non merita neanche di essere citato; per un esempio in proposito basta vedere la recensione di Mereghetti che praticamente elogia l'attore protagonista Gary Cooper, lo sceneggiatore Foreman e anche il produttore (!) Kramer, ma nonostante abbia dato al film 4 stelline e lo status di capolavoro, riesce nell'impresa di non nominare mai il nome del regista. In effetti leggendo le opinioni in giro anche su altri suoi film, il suo nome non viene mai citato, se non per evidenziare difetti di freddezza nelle sue opere, anche a fronte comunque di valutazioni positive (3 stelline per esempio). A tale scemenza il sottoscritto decide di opporsi decisamente, anche per via di recensioni negative (!) su quello che oramai è un capolavoro riconosciuto della storia del cinema quasi all'unanimità.
Su Mezzogiorno di Fuoco c'è ben poco da spiegare, è un film non solo eccezionale, ma anche il miglior western della Hollywood classica. A differenza di molti western contemporanei, il regista si concentra fondamentalmente sui personaggi, donando spessore e profondità psicologica. Nel giorno delle nozze con Amy (Grace Kelly), Will Kane (Gary Cooper) sta per lasciare l'incarico di sceriffo ad Hadleyville, quando apprende che il bandito Frank Miller (Ian MacDonald), da lui arrestato anni prima, sta arrivando in città con i suoi complici per ucciderlo. Abbandonato da tutti, persino dalla moglie quacchera, Kane si ritrova da solo ad affrontare i banditi.
Il film esplica appieno le due colonne su cui si poggia la poetica di Fred Zinnemann, che concernono la solitudine umana innanzi agli avvenimenti e il conflitto dell'uomo con la sua coscienza. Kane cerca aiuto da parte dei concittadini, ma questi glielo negano e mano a mano che procede il film, si ritroverà sempre più solo tanto che alcuni gli consiglieranno di lasciare la città, ma Kane non vuole perchè sà benissimo che Frank lo inseguirebbe ovunque per avere la sua vendetta ed inoltre, sembra che lo sceriffo abbia anche delle ragioni di carattere personale contro il bandito. Il quadro sociale ed umano che ne esce dal film è fortemente impietoso; non solo nessuno vuole aiutarlo o comunque ripagare lo sceriffo del servizio svolto in tutti quegli anni; ma qualcuno come il proprietario del saloon, finisce con il rimpiangere anche i vecchi tempi in cui Frank spadroneggiava per la città e lui faceva affari d'oro. In sostanza, quando l'essere umano è messo in una situazione di difficoltà, riesce solo e soltanto a msotrare il peggio di sè arrivando a mistificare la realtà se questo gli consente di lavarsene le mani.
Il film venne letto dalla critica dell'epoca, come un'accusa contro il Maccartismo ed in effetti può esserlo, ma al giorno d'oggi dove sono trascorsi molti anni, la pellicola assume altri risvolti tematici; cioè un duro atto d'accusa al vigliacco conformismo della classe medio-borghese che pretende ordine, ma poi non ha la reale volontà di porre in essere azioni concrete per far rispettare la legalità, preferendo lasciare soli gli uomini che nel loro piccolo invece fanno ancora il loro dovere. Quello che John Wayne e Hawks non capirono della figura di Kane, accusando lo sceriffo di essere un vile e il film di essere anti-americano, è che il nemico non è il solito indiano o comunque un bandito che si pone contro la legge; i nemici di Kane risiedono all'interno della stessa comunità che sino a poco prima aveva difeso ed ora invece nel momento del bisogno, lo ripaga con disprezzo. Non a caso l'ambientazione è prettamente urbana e non invece degli spazi sconfinati delle immense praterie tipiche dei film di Ford. Ma d'altronde, pretendere che un fascio-reazionario come Wayne potesse comprendere un film e un personaggio di tale portata, era chiedere troppo al suo cervello.
Quando l'uomo è solo, non può che finire con l'interloquire con sè stesso. In effetti il comportamento dello sceriffo è sconsiderato, poichè potrebbe affrontare Frank e la sua banda fuori città, ma il suo senso del dovere (che và ben oltre la mera stella sul petto), gli impedisce di compiere questa scelta. La coscienza per il regista non ci suggerisce cosa è meglio per il contesto sociale in cui si vive, ma è un elemento che porta un'armonia tra l'uomo con il suo intimo sentire e per lo sceriffo Kane questo significa affrontare in città Frank e di richiedere un aiuto concreto da parte della cittadinanza (d'altronde è solo contro tre di loro, la sua richiesta mi sembra legittima). La scelta come protagonista di Gary Cooper è azzeccatissima, poichè conferisce non solo rigore morale alla figura dello sceriffo, ma anche il necessario spessore umano per eviare che il personaggio scada nel monodimensionalismo retorico; se non erro Francois Truffault lo definì il miglior attore del mondo all'epoca... beh in effetti è un attore di notevole talento e capace di destregiarsi in vari generi, accomunati dal fatto che lui interpretava spesso personaggi di forte senso morale ed onestà, perchè Cooper è un vero eroe, quello che per senso del dovere mette sè stesso in secondo piano; in sostanza la faccia positiva dei valori americani.
Qualcuno accusa la pellicola di schematismi facili e di bozzettismo, ma questo è anche dichiarato sin da subito con una fotografia in bianco e nero dai contrasti netti. E' l'immagine stessa a dichiarare che vuole una netta scelta di campo da parte dei personaggi; o sei con Kane oppure contro di lui, le sfumature nei momenti di necessità non esistono, ma si necessita obbligatoriamente di assoluti all'atto pratico. Il personaggio di Amy dovrà fare una scelta netta, andare contro le sue convinzioni personali, oppure per amore verso Kane, aiutarlo e questo significa usare la violenza... la coscienza insodabile darà un responso in proposito.
Grande lode alla regia di Fred Zinnemann che risulta essere la migliore della sua carriera. Grande abilità non solo nel dirigere gli attori (una specialità del regista), ma anche nel far coincidere il tempo della storia con quello del racconto (che richiede quindi un'attenta gestione dei tempi di ripresa), che aiuta ad aumentare la suspance e la frustante attesa del tempo che inesorabilmente scorre (abbiamo 30 inquadrature delle lancette dell'orologio) senza che si arrivi ad un dunque. Le carrellate non danno un senso di dinamismo, ma finiscono con l'aumentare invece la sensazione di claustrofobia e accentuare la solitudine dello scriffo.
Le riprese dei binari della stazione fatte in modo continuo, sottolineano l'ineluttabilità dello scontro imminente che non a caso viene annunciato dal fischio del treno.
Non importa che il personaggio di Frank sia abbozzato o che Amy sia un personaggio femminile funzionale al racconto e basta, perchè il lavoro del regista riguardava l'analisi sociale (basta vedere anche il rapporto con l'ex-amante messicana interpretata da Jurado) realizzata attraverso la sua capacità di plasmare il tempo e lo spazio scenico. All'epoca ricevette grandi incassi e molte nomination all'oscar; ma purtroppo non vinse miglior film e regia (che scandalo), ma riuscì a portarsi a casa il premio per miglior attore protagonsita (Gary Cooper). Mezzogiorno di Fuoco resterà il miglior film di Zinnemann, nel resto della sua carriera farà buoni ed ottimi film (l'anno dopo il regista si rifarà vincendo l'oscar con Da qui all'Eternità), nonchè anche un altro capolavoro, ma ovviamente non al livello di questo film leggendario. Qualcuno della critica ufficiale come Tavernier (che naturalmente poteva scrivere solo per i Cahiers du Cinema), lo definisce un film osannato dalla critica ignorante dell'epoca perchè ingiustamente percepito come il primo "western adulto" (anche Michele Tetro è contro questa etichetta nel suo libro "Guida al Cinema Western"); invito voi utenti a vederlo e spernacchiare beatamente Tavernier per la sua scemenza. E' un film western anti-classico, che si beccò anche critiche negative da molti registi dell'epoca perchè giustamente cozzava contro ogni regola del western classico a favore di uno spessore psicologico e grande profondità tematica.
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