Regia di Charles Vidor vedi scheda film
'Addio alle armi' è la seconda versione del celebre romanzo di Ernest Hemingway - la prima di Frank Borzage del 1932, più sobria e compatta, è di gran lunga migliore - ma tiene conto anche del lavoro di Laurence Stallings, cosa questa che temo abbia contribuito alla staticità della pellicola.
Il film è diretto da Charles Vidor ma la 'mano' del produttore plenipotenziario David O. Selznick ha influito, come del resto nelle sue produzioni più riuscite, una su tutte 'Via col vento', non poco sulla diseguale resa tra le parti relative alla guerra e quelle che vedono protagonisti i due amanti dal destino infausto.
Quelle incentrate sulla Grande Guerra sono di gran lunga le migliori, anche grazie a una maestosa fotografia (curata da Oswald Morris, Piero Portalupi e, non accreditato, James Wong Howe) che dà gran risalto al paesaggio italiano, teatro del conflitto, però purtroppo vengono schiacciate e messe in secondo piano da quelle che narrano la storia d'amore tra il soldato americano (Rock Hudson) e la crocerossina inglese (Jennifer Jones): se nella parte iniziale, impostate su dei toni più da commedia, sono gradevoli, risultano indigeste nella parte finale, dove un sentimentalismo esagerato e dei dialoghi pomposi e sdolcinati (lo script è di Ben Hecht e la cosa mi sorprende) - quanto di più lontano dallo stile hemingwaiano si possa trovare - la fa da padrone.
I due protagonisti della triste vicenda, memori di altre storie lacrimogene nel proprio curriculum, offrono prove troppo caricate per sembrare spontanei, mentre sono di gran lunga meglio tutti i personaggi di contorno: Vittorio De Sica (candidato all'Oscar come non protagonista, l'unico attore italiano nella storia di questa categoria) in qualità di medico che non regge la disfatta e viene fucilato, un insolitamente misurato Alberto Sordi come prete coraggioso, Mercedes McCambridge inflessibile capo infermiera ed infine il medico che non riesce ad evitare la tragedia, impersonato da Oscar Homolka, sono tutti ritratti azzeccati che risollevano parzialmente il valore del film, che però merita, al massimo, una stentata sufficienza.
Voto: 6.
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