Regia di Stephen Chow vedi scheda film
Che arrivi in Italia, nelle sale, uno dei film del genio comico hongkonghese Stephen Chow, è già un miracolo. Che arrivi con frasi di lancio razziste, doppiaggio calcistico romano e monco di più di quindici minuti (perché così è la versione internazionale acquisita dalla Miramax), è un sacrilegio. Che vergogna. E pensare che mancano all’appello intere sequenze straordinarie, in cui si esplicita maggiormente la voracità onnivora di Chiau (in coppia col fidato regista Lee Lik-chi, disponibile alle ingerenze autoriali dell’attore) per i generi commedia, demenza, parodia, dramma, mélo. Shaolin Soccer, nella sua versione originale integrale (ed è questa che merita il pollice verde, perché altrimenti daremmo quello rosso), è un capolavoro di mescolamento dei sensi, dove il riso e la lacrima vanno a braccetto, e la giocosità burlesca si affaccia su un mondo adulto di solitudini e soprusi, che solo i reietti (che siano dropout o meteore quasi extraterrestri come la presenza femminile pelata nell’incontro finale), con la loro forza, anche quella integerrima dei monaci shaolin, possono scrollare. Esilarante, divertentissimo, appassionante e commovente, è un’opera che dovrebbero vedere tutti: per capire cosa e quanto il mondo occidentale, negli ultimi vent’anni, si sia perso di un cinema lontano. Non soltanto geograficamente.
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