Regia di David Lynch vedi scheda film
"Ci sono voluti tre anni e mezzo per farlo lavorando sei giorni a settimana, ma il processo di lavorazione del film è lo stesso, 'armonizzando' questo materiale e mettendolo in qualche modo sullo schermo.
Non ho mai letto fantascienza e 'Dune' è una strana fantascienza perché possiede altre caratteristiche intrecciate, non è un film di fantascienza 'spaziale'." [David Lynch, 1985]
"Non sarebbe giusto dire che 'Dune' fosse un incubo totale, ma forse...al 75% un incubo. E il motivo è che non avevo il 'final cut right'. [...] E lo sapevo di già, ma perché l'ho fatto? Non lo so." [David Lynch, 2009]
La trama a grandi linee: corre l'anno 10191 e l'Universo consta di quattro pianeti abitati e governati da dinastie rivali, su cui vigila l'Imperatore Shaddam IV (José Ferrer). Il pianeta Arrakis, chiamato anche Dune, è un'immensa distesa desertica popolata da vermi giganti e probabilmente da un popolo semi-primitivo, i Fremen; il punto è che solo su Dune si trova la melange, una spezia con proprietà devastanti: a parte la poco rilevante capacità di colorare gli occhi di blu acceso, questa droga può dare preveggenza e ridurre di molto la durata dei viaggi spaziali.
La melange, ambita da tutti i pianeti, provoca una pesante faida fra la dinastia degli Harkonnen, capitanata dal malvagio Barone (Kenneth McMillan), e gli Atreides del Duca Leto (Jürgen Prochnow) e del figlio Paul (Kyle MacLachlan). Quest'ultimo riesce miracolosamente a sopravvivere a diversi complotti e infiltrazioni e si rivelerà lo storico salvatore che i Fremen aspettavano da immemore tempo...
Facciamo ordine: Dune è l'adattamento del primo di una serie di romanzi fantascientifici di Frank Herbert, con qualche inserimento dalle opere successive del ciclo, ma il materiale in ballo è veramente troppo perché ne venisse fuori un film di due ore e dieci minuti e ne consegue che si assimilano solo alcuni dettagli della vicenda e i personaggi presentano davvero poche sfumature, eccezion fatta per un Kyle MacLachlan, allora sconosciuto all'esordio assoluto e in seguito feticcio di Lynch, disinvolto e convincente nei panni del protagonista Paul Atreides.
Costato parecchio e di successo misurato al botteghino, il film doveva essere realizzato negli anni '70 da Alejandro Jodorowsky, ma non se ne fece nulla a causa di un progetto eccessivamente megalomane, ma nell'81 Dino De Laurentiis mise a disposizione mezzi a non finire e contattò un Lynch poco pù che trentenne e reduce dal successo di critica di Eraserhead e anche di pubblico di The Elephant Man. Non proprio un appassionato di fantascienza, Lynch lesse il romanzo e buttò giù una faticosa sceneggiatura rimaneggiata in corso d'opera, andando anche a scritturare attori che per lui saranno un habitué (Kyle MacLachlan, Jack Nance, Everett McGill, Brad Dourif, Dean Stockwell) ed altri piuttosto inaspettati, come Max Von Sydow, il cantante Sting, Silvana Mangano.
Nota la genesi di questo kolossal, bisogna dire che da un punto di vista meramente visivo ed evocativo Dune possiede dei momenti formidabili grazie alla cura straordinaria nelle scenografie, alle musiche dei Toto e di Brian Eno e alla collaborazione del leggendario Carlo Rambaldi, ma tutto questo non è sufficiente a compensare una storia che è sì ricca di spunti interessanti, ma purtroppo anche satura, raramente comprensibile e di conseguenza poco intrigante per lo spettatore più rapito dalle immagini che dalla storia. Certo, si può obiettare che con Lynch è quasi sempre così, ma mentre diversi altri suoi film in realtà sono a libera interpretazione, questo è proprio faticoso da seguire ed eccessivamente "voluminoso" per essere compresso in 130 minuti; sembra un tentativo, come nella vecchia barzelletta, di infilare quattro elefanti in una 500.
Difficile dire cos'avrebbe potuto essere Dune nelle mani di Jodorowsky (che lo attaccò a più riprese) o di Lynch in fase esecutiva invece che in quelle dei De Laurentiis; il regista americano ha incolpato proprio il fatto di non avere avuto, al contrario del solito, diritti di post-produzione e ne è conseguito che il film non è quanto da lui voluto e negli anni ha avuto modo di ricredersi e definirlo "my failure" (il mio fallimento).
Bene o male sei il mio regista/autore del cuore e ti perdono questo passo falso di gioventù cinematografica, caro David.
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