Regia di Lawrence Kasdan vedi scheda film
‘Cancro’. Così doveva intitolarsi in origine il romanzo di Stephen King da cui il film è tratto. Poi lo scrittore su consiglio della moglie ci ha ripensato, giudicando il titolo brutto e di malaugurio. Però sarebbe stato eloquente. Perché mai, nelle sue novelle, la narrazione si concentra così tanto sulla sofferenza fisica e psichica (eccetto che per ‘Misery’). Infatti in questa oscura storia, un gruppo di ragazzini – i quali, come accade spesso nell’universo immaginario dell’autore del Maine, sono dotati di una particolare ‘luccicanza’ (più precisamente, facoltà telepatiche) - una volta adulti si ritrovano a dover fronteggiare una orrida e violenta invasione aliena. L’aggressione extraterrestre immaginata da King, viola il corpo e la mente: avviene attraverso spore che aggrediscono l’epidermide ricoprendola di una disgustosa muffa rossastra, e che, se ingerite, trasformano gli uomini in incubatrici di orride creature serpentiformi le quali crescono negli intestini, fino a farsi largo a morsi. Ma non solo: le spore sono pure veicoli di una sorta di possessione psichica: consentono agli alieni di impadronirsi della coscienza delle vittime che diventano burattini soggiogati dalla loro volontà. L’adattamento per lo schermo da parte di Lawrence Kasdan e William Goldman (responsabile – o meglio ‘colpevole’- della realizzazione di uno dei peggiori e avvilenti adattamenti da King, incapace, come è stato, di afferrarne l’incanto: ‘Cuori in Atlantide’) tradisce le notevoli difficoltà che il testo di partenza presenta: la trama pur avvincente è assai complessa. L’arco narrativo si svolge su due piani temporali (uno ‘passato’ riguardante il periodo dell’adolescenza dei protagonisti e l’altro il ‘presente’, con i nostri riuniti contro la minaccia mortale), ma buona parte del racconto riguarda accadimenti che avvengono nella mente di uno dei personaggi Gary Jones, il quale, psichicamente ‘posseduto’ da un alieno tenta disperatamente di fronteggiare l’attacco e recuperare la padronanza di sè.
Il risultato non convince pienamente: da una parte si avverte il tentativo di non stravolgere troppo il testo originale, dall’altro le necessità di semplificazione e spettacolarizzazione. Queste esigenze contrapposte non si risolvono purtroppo in una felice sintesi.
Ciò perché, mentre la parte della narrazione che racconta del legame amicale tra i quattro protagonisti da ragazzini e da adulti e dell’incontro con il misterioso Duddits –soltanto in apparenza un dolce bambino disabile- più consona alla sensibilità ed allo stile di Kasdan regista è sviluppata bene (particolarmente felice la soluzione di raffigurare la coscienza di Gary Jones come un luogo fisico, rappresentato come un magazzino in cui i ricordi sono accatastati in tanti scatoloni mentre il nostro si aggira dentro di esso sulle note di ‘Blue Bayou’ di Roy Orbison), invece, la parte della storia che racconta l’invasione, l’intervento militare, e la lotta disperata dei quattro amici per sventarla appare trascurata e risolta in alcuni passaggi piuttosto goffamente: vengono omessi elementi importanti che spieghino bene come si diffonde e come si può contrastare questa sorta di contagio (ingrediente che non può proprio mancare in film di questo genere), l’insieme degli episodi appare come una sequela di scene sì spettacolari (alcune sequenze non possono non restare impresse la fuga degli animali nella foresta, lo scontro con la disgustosa creatura aliena nello chalet) ma che non si armonizzano tra loro.
La consuetudine hollywoodiana chiede per un film del genere il finale col ‘botto’, per ovviare a tale esigenza la pellicola si allontana molto dal capitolo finale del romanzo (in cui il teatro del climax è ancora la mente dell’umano posseduto), meglio il finale alternativo e scartato (recuperabile nell’edizione in dvd) che chiude in modo più conforme e fedele alla storia sia quella scritta che quella filmata.
Il cast: Thomas Jane, Jason Lee, Damian Lewis e Timothy Oyphant si rivelano scelte felici per incarnare i personaggi dei quattro inseparabili amici. Morgan Freeman nel ruolo del cattivo e paranoico colonnello Curtis (ma perché non conservare il cognome che ha nel romanzo: Kurtz? E sì il riferimento non è causale..), vistosamente truccato, risulta quasi grottesco, meglio Tom Sizemore nel ruolo del suo sottoposto che comprende l’insensatezza degli ordini del suo superiore. Ancora Donnie Wahlberg nel ruolo chiave di Duddits bravo ad evitare il rischio immanente di ridursi a caricatura.
In conclusione: film discontinuo da consigliare soltanto ad ossessivi compulsatori dell’Opera omnia dello scrittore di Bangor ed agli appassionati di fantascienza disposti a rinunciare, almeno in parte alle loro aspettative.
Voto: 6+
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