Regia di Paul Schrader vedi scheda film
Uno dei film americani piu’ sottovalutati degli ultimi tempi. Una commedia tragica, sospesa tra pieta’ e sarcasmo, continuamente attraversata da un’implacabile brezza di humour nerissimo. Film quasi scorsesiano; un’analisi lucida (o, meglio, un resoconto clinico) sulla societa’ tecnocratica e su un pozzo di perversioni che pare non avere proprio fondo. Come rivelazione degli aspetti nascosti della celebrita’ e del successo, e’ piu’ sobrio e piu’ riuscito di “Da morire” (Gus Van Sant). Servito da due attori perfetti, si fa ammirare anche per l’immaginario che evoca (specialmente quello colorato dei sixties). Ritmo sempre sostenuto con lacune straordinarie impennate pop (le asserzioni sulle “tette”…) e psichedeliche (l’incubo di Crane), in un film stilisticamente diviso a meta’: quieta e leggera la prima parte, nervosa e sfaccettata la seconda. Come in Scorsese, una storia di ordinaria follia, un calvario di un uomo “normale” e folle al tempo stesso.
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