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Matador

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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La recensione su Matador

di cheftony
6 stelle

"Ricòrdati: se stai per uccidere non puoi esitare! È una delle regole d'oro della tauromachia.”

 

Diego Montes (Nacho Martínez) è un celebre ex-torero madrileno, ritiratosi in seguito ad un incidente, ma è ancora morbosamente attratto dalla violenza e si masturba guardando collage di scene cruente in televisione.

Di professione gestisce una specie di piccola scuola per matador, frequentata fra gli altri dal giovane Ángel (Antonio Banderas), timido, vergine e oppresso da una madre appartenente all'Opus Dei. Questi, forse per dimostrare al proprio maestro di non essere omosessuale, cerca di stuprare Eva (Eva Cobo), la giovane fidanzata di Diego, e poi va a costituirsi in commissariato. Di fronte al commissario (Eusebio Poncela) avviene l'imprevisto: Eva non vuole denunciare Ángel perché, essendole venuto subito fra le cosce, lo stupro non è effettivamente avvenuto; lui, di rimando, si autoaccusa di ben quattro omicidi irrisolti avvenuti a Madrid di recente.

La difesa di Ángel, subito incarcerato, viene affidata alla bella avvocatessa María Cardenal (Assumpta Serna), che comincia presto a tallonare Diego Montes: peccato che i quattro omicidi siano stati commessi equamente proprio da loro due, uccidendo i malcapitati amanti con uno spillone fra le scapole, proprio a mo' di matador col toro, durante il raggiungimento dell'orgasmo...

 

Quando due astri si frappongono, la loro luce apparente si estingue, ma nella loro breve convergenza acquistano una nuova luminosità nera e ardente.”

 

La chiave di lettura del film, che sfrutta il fenomeno astronomico dell'eclissi, è tutta in questa frase: due “enti” particolari, forti ed egoisti che incrociano le loro vie per brevi istanti, in cui possono raggiungere uno status psicofisico nuovo, atteso da una vita, orgasmico.

Matador”, datato 1986, è opera di un Pedro Almodóvar ancora primordiale ed è solo il suo quinto lungometraggio, fortunatamente ben finanziato, al contrario dei suoi film precedenti. Elemento vulcanico ma sghembo, Almodóvar è un regista ancora grezzo seppur in miglioramento, che trascura un po' le ambientazioni (ma non luci e colori) prediligendo la direzione di una sarabanda di personaggi peculiari, grotteschi e persino caricaturali, soprattutto nel dipingere i piccoli borghesi e i bigotti, sospinti fino al ridicolo. Mediamente bravi nel tratteggiare i propri personaggi, follemente descritti dalla sceneggiatura di Almodóvar e Jesús Ferrero, gli interpreti, tutti senza infamia e senza lode, con menzione per lo sfortunato Nacho Martínez, non troppo espressivo ma funzionale e uguale spiccicato a Jeremy Irons.

Sorprende davvero la fluidità della narrazione lungo i 100 minuti circa di durata, nonostante una certa indecisione sul registro da mantenere: “Matador” oscilla infatti fra thriller, mélo, grottesco ed erotismo senza manifestare troppa chiarezza sugli intenti.

E se la insistita svolta erotico-esistenziale nel quarto d'ora finale è prevista e accettabile, altrettanto non si può dire della concomitante componente paranormale: un espediente grossolanamente buttato lì senza licenza alcuna, che dimostra come Almodóvar, carichissimo e prolifico, dovesse ancora capire come maneggiare con cautela la materia cinematografica.

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