Regia di Judith Kaufmann, Georg Maas vedi scheda film
Un Kafka simpatico, umano e vulnerabile, che sta morendo eppure rinasce grazie all’amore di - e per - Dora Diamant. Si esce con la voglia di rileggere i racconti di Kafka, e questo non è certo un successo di poco conto per un piccolo film.
Storia dell'ultimo anno di vita di Franz Kafka, illuminato dall'amore - ricambiato - per Dora Diamant. Etichettata come "film sentimentale", questa pellicola è, in realtà, una storia di amore e morte, o meglio, di amore che procrastina e, in certo senso, supera la morte. C'è ben poco sentimentale, nel senso stucchevole del termine; c'è molta commozione (positiva), molta empatia verso entrambi i protagonisti (che, per una volta, sono tutti e due simpatici). Era da tempo che al cinema non si vedeva una storia d'amore così lineare, non inficiata da sottotrame ideologiche e non gravata da psicologismi di sorta. E forse era ancor più tempo che non si vedeva un film biografico che non trasforma il protagonista in un martire o un santino, e neppure si lascia andare alle facili derive del gossip. Kafka è visto come un uomo che sta morendo e al tempo stesso rinasce attraverso l'amore, uno scrittore che manca dell'autostima necessaria per emergere e, proprio per questa sua vulnerabilità, risulta così umano, così simile a chi segue la sua storia. È un film semplice, all'antica, se si vuole, ma che ha il non piccolo pregio di non privilegiare l'uomo sullo scrittore (o viceversa). Si esce con la voglia di (ri)leggere i suoi racconti,di cui nel film abbiamo più di un assaggio. E questo, per una pellicola biografica, è davvero un gran successo.
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