Regia di Judith Kaufmann, Georg Maas vedi scheda film
Il breve incontro di Kafka con Dora Diamant, l'amore più grande al confine con la morte
3 giugno 1924, cento anni fa moriva di tubercolosi Franz Kafka. Potevamo non sapere niente di lui, e sarebbe stata una gravissima mancanza, se solo avesse continuato da solo a bruciare i suoi manoscritti. E molti ne ha bruciato. Dobbiamo a Max Brod, suo cariissimo amico, non aver rispettato le sue ultime volontà.
Oggi chi non conosce le sue ossessioni, le sue fughe (fisiche e mentali), le costrizioni quotidiane e le sofferenze interiori, il disagio di vivere in una società materialista che di lì a poco avrebbe esibito i suoi dittatori e i suoi campi di sterminio?
Agnieszka Holland sta lavorando ad un film su di lui: Franz Kafka è per me la giovinezza, Praga senza i turisti, i miei studi da ragazza. È un vero eroe pop, i giovani di oggi possono capirlo molto meglio che in passato. Per questo abbiamo deciso di farlo rivivere in un film che non sarà un santino. Kafka è eroe e antieroe. Ma i suoi incubi sono una terribile anticipazione del nostro passato e presente.
E questa è una buona notizia.
Quanto a film ispirati alle sue opere, non moltissimi, non è ora nostro interesse. Men che meno tornare al solito epiteto “kafkiano”, abusato e spesso a sproposito.
Questa volta si parla di amore, l’aspetto meno conosciuto, più lasciato in ombra da chi lo identifica con i suoi personaggi, quasi un uomo ad una dimensione, immobile sul letto come il suo insetto gigantesco.
The Glory of Life (sorvoliamo sul titolo italiano) è un film che non aspira al capolavoro, anche se ben scritto e ben fotografato, con gusto impressionistico nella prima parte e crudo realismo negli interni berlinesi bui e poveri e nel sanatorio, della seconda; vuole solo parlare dell’amore di Franz per Dora Diamant, un sentimento forte, ricambiato, dieci mesi di felicità capace di far dimenticare la tisi che ormai da qualche anno non gli dava tregua.
E’ la fuga in un mondo dove essere quello che non era mai riuscito ad essere.
Franz aveva avuto altri amori, ma quello per Dora è altra cosa.
Dora è giovane, colta, vivace, sorridente, innamorata; lui, quarantenne e malato, si sente vecchio, vicino alla morte. Con lei proverà cos’è la vita proprio sul limitare e Dora sarà vicino a lui fino all’ultimo istante.
Una storia semplice, una coppia come tante, dimentichiamo Gregor Samsa, K, Joseph K., Karl Rossmann, qui c’è la vita vera, con la gioia e la malinconia che immaginiamo reali, possibili.
Un uomo fragile, emotivamente capace di grandi slanci e di buie depressioni, scopre che …la felicità più grande risiede nelle piccole cose. Pertanto, se dovessi scrivere della mia vita, annoterei solo gli avvenimenti di poco conto. Si può ritenere che la meraviglia della vita sia sempre a disposizione di ognuno in tutta la sua pienezza, invisibile.
Interpretato con convincente adesione ai personaggi da Sabin Tabrea e da Henriette Confurius, diretto da Judith Kaufmann e Georg Maas, tratto dal libro Die Herrlichkeit des Lebens di Michael Kumpfmüller, di Dora racconta la militanza comunista e la solida fede ebraica, mondi a cui avvicina Franz, la grande devozione verso quest’uomo conosciuto per caso, su una luminosa spiaggia del Baltico, e seguito tra mille difficoltà fino al letto di morte.
Un film che va oltre il solito biopic e agli amanti di Kafka regala quella grata emozione che viene dal sapere che un po’ di felicità è toccata anche a lui, nonostante tutto.
Delle sue opere si fa poco cenno, solo l’incipit della Metamorfosi letta da lui stesso, e un passo della lunga Lettera al padre, mai spedita:
... Allora e dappertutto avrei avuto bisogno di incoraggiamento. Già ero schiacciato dalla tua
nuda fisicità. Ricordo ad esempio come, frequentemente, ci spogliavamo insieme in
cabina. Io magro, debole, sottile, tu forte, alto, massiccio. Già in cabina mi sentivo
miserabile, e non solo di fronte a te, ma di fronte a tutto il mondo, perché tu eri per me la
misura di tutte le cose. Se però uscivamo dalla cabina davanti alla gente, e tu mi tenevi
per mano, io che ero uno scheletrino insicuro, a piedi nudi sulle assi, tremebondo davanti
all'acqua, incapace di ripetere i movimenti che tu, con le migliori intenzioni ma in effetti con
mia profonda vergogna, eseguivi nuotando, allora ero disperatissimo, e tutte le mie
esperienze negative in tutti i campi in quegli istanti concordavano in modo grandioso...
Dall’enorme epistolario mancano le lettere a Dora, qui ricostruite, qualche ritocco biografico è stato necessario, ma la sostanza è credibile, trattata con tono giusto che non scade nella retorica agiografica.
Il mare apre e chiude lo scenario, quel mare visto scheletrino insicuro, a piedi nudi sulle assi, tremebondo davanti all'acqua gli ha donato l’amore di una donna vera, la morte gli ha portato la pace.
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