Regia di Ferdinando Vicentini Orgnani vedi scheda film
Alla vigilia di un oramai inevitabile ed appena iniziata guerra, vivere sul grande schermo la tragedia della giornalista italiana Ilaria Alpi e del cameraman Miran Hrovatin, uccisi il 20 Marzo del 1994 in un agguato a Mogadiscio, ha il potente effetto di catapultarci al centro di zone di guerra e costringerci a fare i conti, in una sorta di gioco degli specchi, con realtà che credevamo “così lontane” ed ora “così vicine”. Ed il film di Fernando Vicentini Orgnani “Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni”, al di là delle coincidenze temporali di guerre in corso (sarà un bene o un male per le sorti dello stesso nelle sale?) deve anche affrontare un altro grande ostacolo legato al Tempo: il recupero della Memoria. Sono trascorsi “appena” 9 anni da quei tragici eventi: le inchieste giudiziarie si sono concluse con scarsi risultati (l’ultima sentenza sull’unico indiziato Hashi Omas Hassan, facente parte del commando che uccise i due inviati, ha visto commutare la pena dall’ergastolo a 26 anni di carcere) e labili sono le speranze per una riapertura del caso (il film sarà d’aiuto?).Ed ancora tanti sono i buchi, le coperture dall’Alto (servizi segreti, reparti militari, faccendieri ambigui e governi conniventi), le bugie, le dichiarazioni non dette, le false piste di una storia che probabilmente per una resa cinematografica meno didascalica, a tratti con incomprensibili passaggi, e più appassionante ed emozionante avrebbe necessitato di un periodo di “incubazione” più lungo per accertare quella Verità che condanna facendo nomi e cognomi e punisce i diretti responsabili senza alcun sconto di pena...ed allo stesso modo anche noi spettatori sviluppare un meno arido e più forte e mirato senso d’indignazione (“I cento passi” di Marco Tullio Giordana docet!). Ma forse era proprio questo l’intento del regista: non fare assolutamente un film inchiesta ma “scrivere” un atto d’amore che ci restituisse appieno la grande figura di questa giovane giornalista che ci commuove, appassiona e far star male nella sua assoluta dignità, dedizione ed onestà di “una vita al servizio” come donna e cittadina di un Mondo dove rimane ancora molto da comprendere (sue le parole-manifesto: “A me le notizie non basta spararle... io le devo capire”).
E Giovanna Mezzogiorno è una Ilaria Alpi semplice, naturale ed un po’ intimidita dai “panni” che ha dovuto indossare (un grande senso di responsabilità, riscontrato anche in altri suoi lavori, la accomuna al personaggio interpretato) ma anche sincera, immediata e solare nella crudeltà di giorni di guerra sempre identici a se stessi. Ha proprio ragione allora Ferdinando Vicentini Orgnani, regista onesto ma poco coraggioso, a mostrare la
verità sin dove è stato tutto regolarmente documentato (oramai le motivazioni del delitto, legate all’inchiesta che stava conducendo Ilaria Alpi su un traffico d’armi e di rifiuti tossici, sono state del tutto accertate) e procedere invece a briglia sciolta nel raccontare la passione ed onesta dedizione per il proprio lavoro di Ilaria Alpi e del suo cameraman Hrovatin (un grande Rade Prima della Pioggia Sheberdgia). E se il direttore del telegiornale controbatte alla delusione della giornalista che non può tornare in Somalia con cinica freddezza “Su, dai: tanto le guerre purtroppo non mancano mai!”... siamo però certi che mancheranno inviati e corrispondenti di guerra con l’identica volontà ed ostinazione a capire e mai spettacolarizzare di Ilaria Alpi, sino ad oggi inimitabile faro di un giornalismo serio ed umanamente motivato.
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