Regia di Maria Sole Tognazzi vedi scheda film
L'esordio alla regia della figlia d'arte Maria Sole Tognazzi è semplice, garbato, familiare, malinconico. Una sorta di grande freddo nostrano (una battuta del film in questo senso è esplicita), con meno impegno ma la identica nostalgia. Da un punto di vista narrativo il film, scritto dalla regista con Daniele Prato non regala nulla di nuovo. Cinque amici trentenni si ritrovano nella villa fuori Roma di una di loro, Claudia, e fanno un primo bilancio delle loro esistenze. Rispetto a molteplici, presuntuose, autocompiaciute e spesso indigeste opere prime italiane, la Tognazzi racconta una realtà che conosce assai bene con toni intimistici, gentili, sinceri. Dialoghi realistici e mai pomposi, finezza ed onestà di sguardo, abilità nell'evitare il pericolo del teatro filmato (il film è girato praticamente tutto in un ambiente) grazie ad un montaggio armonioso e ad una regia fluida in cui il passaggio tra passato e presente è gestito sempre con delicatezza ed intelligenza. Molto credibili diversi personaggi: gustosa la Carola di Valentina Cervi, ragazza che non ha più una relazione sentimentale stabile da tempo e trasmette tutto il suo affetto all'inseparabile cagnolino - l'episodio in cui i protagonisti cercano di notte, nel parco della villa, il cagnolino è assai spassoso, divertente il Gianmaria di Claudio Gioé con i dubbi sulla sua identità sessuale, brillante e spigliato l'Andrea di Claudio Santamaria; più scontata invece la figura di Claudia, interpretata da Paola Cortellesi, alle prese con una storia d'amore non appagante con un uomo possessivo e geloso. Non banale e profondamente autobiografica la riflessione sulla difficoltà di essere figli d'arte attraverso il sofferto personaggio di Edoardo, interpretato da un intenso Ignazio Oliva. Su tutto comunque brilla un affiatato cast di giovani, bravi e preparati attori (soprattutto da parte maschile) per una volta in palla e del quale non ci si deve vergognare ogni volta che uno di loro apre bocca (il fatto che i ragazzi si conoscano da anni e sono tra di loro amici deve avere senza dubbio facilitato la pregevole naturalezza delle loro interpretazioni). Peccato che poi si giunga sempre alla solita solfa su amore, amicizia, sesso, lavoro e carriera, o , per usare le parole della regista "la paura dei cambiamenti, il terrore degli abbandoni, la difficoltà a vivere allontanandosi dal passato che rappresenta la certezza inattaccabile, soffrendo la variabile del futuro che si delinea quasi come un incubo, perché privo di prevedibilità, dunque sorgente di indeterminatezza e timori". Ci sono una spontaneità, una freschezza ed una felicissima direzione del cast, qualità sempre più rare ed invidiabili nel cinema italiano di oggi, elementi quasi sorprendenti per un'esordiente, seppur di lusso, e che fanno ben sperare per il futuro. Da soli però non sono sufficienti per incidere in modo convincente ed originale: "Passato prossimo" si apprezza per la finezza e la sincerità del tocco, ma quanto a contenuti è fin troppo timido, ovvio, risaputo ed ingenuo. Stonata e posticcia solo l'appendice finale. Dialogo da ricordare per la simpatica autoironia: "Anche tu fai l'attore?" "No, no, no: io lavoro!" Piccole partecipazioni per Gian Marco Tognazzi, fratello della regista, e Pierfrancesco Favino futuro protagonista assoluto dell'opera seconda di Maria Sole, "L'uomo che ama". La citazione finale ("Tutto ciò che è stato quando se ne va è tolto da dentro di noi") è tratta dal "Libro dell'Inquietudine" di Fernando Pessoa ma suona un po’ forzata. Musiche di Andrea Guerra. Globo d'oro come migliore opera prima e Nastro d'argento come migliore regista esordiente.
Voto: 6
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