Regia di Luca Vendruscolo vedi scheda film
Partecipare al Bellaria Film Festival solo per vedere il film “Piovono mucche” di Luca Vendruscolo (e relativo backstage) è un motivo sufficiente a giustificare la trasferta. In modo piuttosto fedele alla realtà, la pellicola mostra inizialmente come certi obiettori di coscienza si pongono di fronte al “servizio civile sostitutivo”, soprattutto quando, nella condizione di precettati, si trovano a dover svolgere delle mansioni molto diverse da quelle fittiziamente indicate nella propria domanda di obiezione, presentata al Ministero della Difesa. La rappresentazione cinematografica di questa esperienza, che ha certamente riguardato molti ragazzi italiani, è molto buona perché non fa diventare (retoricamente) protagonista quell’obiezione di coscienza radicale e di natura principalmente ideologica che ha più propriamente caratterizzato gli obiettori degli anni ’70, ma fa emergere invece quell’incertezza e quel senso di “spaesamento” che ha riguardato molti obiettori degli anni ‘80 – ‘90, considerabili di “nuova generazione” (o anche detti, descrittivamente, “obiettori con motivazione debole” - “Le Ragioni dell’obiezione di coscienza”, Intervista di Paolo Polito a Rodolfo Venditti, Ed. Gruppo Abele, 1986). Sebbene questi ultimi siano stati caratterizzati da un’indole nonviolenta, nella maggioranza dei casi, all’atto della domanda di obiezione, hanno avuto limitatamente a che fare con grossi problemi di coscienza a proposito dell’utilizzo delle armi come strumento di morte, tanto da doversi opporre al servizio militare e diventare consapevoli delle normali conseguenze penali alle quali sarebbero andati incontro, come hanno invece dovuto fare gli obiettori degli anni ‘70; essi hanno ricercato innanzitutto un’alternativa allo “scomodo” servizio militare, scegliendo di fare il servizio civile sostitutivo, e solo dopo, nel corso della loro progressiva maturazione, sono stati interessati da un importante “processo di coscientizzazione” (op. citata). C’è stata in pratica negli anni, a partire da prima della legge n. 772 del 1972 ad oggi, un’inversione nel rapporto causa-effetto tra la “presa di coscienza” della persona e la possibilità di svolgere un servizio alternativo a quello militare. La scelta effettuata dagli obiettori della “nuova generazione” può essere superficialmente considerata opportunistica, ma essa diventa una scelta sensata quando il suddetto “processo di coscientizzazione” ha luogo nelle persone in oggetto. Questo aspetto cruciale delle argomentazioni trattate fino a questo punto viene ritrovato chiaramente nella figura di Matteo (Alessandro Tiberi), uno dei protagonisti principali di “Piovono mucche”, da parte di tutti gli spettatori del film, anche da parte di quelli che non hanno avuto l’esperienza del servizio civile. Matteo è un obiettore precettato alla comunità Ismaele, che si occupa di portatori di handicap, e, come tale, si trova ad essere completamente “vittima” del fastidiosissimo senso di “spaesamento” iniziale, che provoca, a chi lo prova, una sensazione traducibile forse nella seguente duplice domanda: “cosa ci sto a fare io in questo posto e cosa c’entro io con il tipo di mansioni che mi sono state assegnate?”. E’ altamente probabile che molti obiettori di “nuova generazione” si siano (onestamente) trovati in questa condizione. Ecco allora, che abbiamo in mano tutti gli elementi per poter credere a Luca Vendruscolo quando dichiara che non ha voluto fare un film “ombelicale”, sebbene si sia basato sulla propria esperienza di servizio civile nella comunità Capodarco, perché è sicuramente riuscito a produrre una rappresentazione cinematografica che rispecchia bene le esperienze che hanno fatto molti giovani italiani ed è inoltre quasi sicuramente efficace a trasmettere tali esperienze a chi non le ha vissute. In molti casi, l’esperienza del servizio civile, dopo le prime normali incertezze, procede nel migliore dei modi, perché ad un certo punto ci si accorge “coscientemente” di essere diventati parte integrante della struttura nella quale si è chiamati a svolgere il proprio servizio e si diventa parte integrante di quella comunità di utenti oggetto del servizio stesso. Quest’ultimo aspetto riguarda evidentemente la maggior parte del film: infatti, come sarà precedentemente capitato agli obiettori arrivati prima di lui, anche a Matteo capita di espandere i propri orizzonti mentali tanto da interagire sempre più con i nuovi amici handicappati (addirittura, egli si innamorerà di Beatrice, “l’avvenente” ragazza disabile interpretata da Barbara Bonanni). Nel film, il tutto procede in modo così naturale che, soprattutto nel caso dei disabili su sedia a rotelle, sembra proprio che la sedia a rotelle stessa non sia mai presente in senso fisico, perché tale è l’amalgamazione tra materia umana considerata “normale” e la materia umana considerata “diversa” che il tutto risulta infine una materia omogenea grazie soprattutto al fatto che sono sparite quelle inevitabili (iniziali) “tare mentali” che determinerebbero altrimenti la separazione fisica delle componenti di tale materia. Gli aspetti fin qui sottolineati, sia sul servizio civile che sul mondo dei disabili, sono resi cinematograficamente molto bene da Luca Vendruscolo perché il suo film non degenera mai nella retorica o nella didascalia, quando questi rischi sono presenti, considerati appunto gli argomenti trattati nel film. Queste considerazioni vengono avvalorate dal fatto che la pellicola non ha trattato solo la materia umana omogenea ma ha trattato anche, in certe limitate sequenze, la componente materica più “scomoda” costituita dai liquidi organico-corporei; il film non ha inoltre trascurato certe pratiche infermieristiche che sono fonte di prove durissime a cui gli obiettori sono sottoposti nel processo di maturazione della propria coscienza. Pertanto non sono stati trascurati quei particolari che possono inficiare il processo di amalgamazione della materia umana di cui si parlava in precedenza. Ancora una volta tale amalgamazione, come si è potuto capire dal backstage e dal dibattito che ha seguito le due proiezioni, viene fuori dalla fiction cinematografica e non da una rappresentazione “documentaristico-didattica”. Basti pensare a tal proposito alle argomentazioni affrontate nel backstage da Marcello Sanna (che interpreta Renato nel film): egli essenzialmente sostiene che davanti ad un portatore di handicap su sedia a rotelle si deve fare più attenzione alla persona che c’è sopra piuttosto che alla sedia a rotelle, perché normalmente accade proprio il contrario. E’ utile precisare che questo punto di vista è presente solo nel backstage, film di natura più documentaristica, perché nel film “Piovono mucche” esso non compare esplicitamente da nessuna parte, ma può essere comunque percepito dallo spettatore durante la proiezione in sala. Si può concludere dicendo che Luca Vendruscolo è riuscito bene a rappresentare il “mondo” del servizio civile (legato quindi a quello degli obiettori di coscienza) ed in particolare il mondo dei portatori di handicap, con le loro cose giuste e le loro inevitabili contraddizioni, facendo in molti casi delle parodie dei fatti che si verificherebbero nella realtà e rendendo così il film molto divertente. E’ quest’ultimo, di per sé, un motivo valido a giustificare la visione della pellicola. La regia che ha portato Luca Vendruscolo al raggiungimento di un buon risultato è stata caratterizzata da una messa in scena lineare con poche trovate “autorializzanti”, che vanno oggi molto di moda tra molti giovani cineasti. Una messa in scena piuttosto pulita, linguisticamente ben governata da stacchi semplici, che lascia perfino spazio a movimenti di macchina “poetici” (si pensi alle inquadrature che formano la sequenza con Franco immerso a tre-quarti nell’acqua del mare). Insomma, tanto per intenderci, non è che il fatto di mettere in evidenza in un film le trovate “autorializzanti” corrisponda immediatamente ad un’accusa di presunzione da parte del relativo regista oppure corrisponda ad una pratica dequalificante: però quando tale pratica risulta fine a sé stessa (e pertanto più di forma che di sostanza) proprio se essa non deve essere completamente identificata con una “pretesa di autorialità” è di certo più immediato che risulti, complessivamente, dequalificante per il regista!
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