Regia di Roger Donaldson vedi scheda film
Se Roger Donaldson è uno dei pochi registi, artigiani professials, che il cinema USA abbia ancora oggi, capace di giocare bene con il genere confezionando un film dal ritmo impeccabile e dalle svolte chiare e lampanti, pronte per essere assimilate dallo spettatore, non vuol dire che gli attori contino di meno. Tralasciando Colin Farrell, bravo a metà, tutta l’attenzione cade su un luciferino Al Pacino che dimostra di non sgodere i ruoli che l’han reso celebre, e nel monologo finale pone il sigillo d’autore sul suo personaggio. Senza di lui il film sarebbe rimasto un bel giocattolino che visto una volta viste tutte, perché, diciamocelo, non c’è nulla di nuovo in un film che da una situazione di mistero crea un’indagine, crea un conflitto, crea un climax finale dove tutto viene poi spiegato (e quanto sono odiose le spiegazioni), per chiudersi poi con l’equilibrio ristabilito. Ok Propp, aveva anche ragione. Ma dal racconto cinematografico ci aspettiamo qualche trasgressione in più.
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