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Ophélia

Regia di Claude Chabrol vedi scheda film

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La recensione su Ophélia

di zombi
8 stelle

affacciati sulla bara aperta del caro estinto, lo zio allontanando se stesso e i cari dice che non umanamente accettabile soffrire. solo il figlio rimane invocando un' ultima volta "padre". da questo momento il dolore del figlio si trasforma in una ricerca cieca e fine a se stessa di vendetta in una magnifica scena teatrale che è la villa di famiglia con parco. le strade di campagna coi campi immersi nella bruma autunnale e il bar del paese, dove gli operai della ditta della famiglia lesurf sono in sciopero e ridacchiano inventando filastrocche maligne sugli appartenenti al nucleo famigliare. yvan(jocelyn) vaga giorno e notte arrovellandosi il cervello alla ricerca di qualcosa di cui si è già abbondantemente convinto fino a quando colpito dall'amleto di laurence olivier trasmesso dal cinema locale, escogita un piano per smascherare quelli che lui giudica i colpevoli della disgraziata situazione che sta vivendo. chabrol riesce nell'intento di creare uno dei suoi ritratti al vetriolo di borghesia provinciale, in cui la pace e la tranquillità dei paesaggi agresti, vengono irrimediabilmente scossi dall'animo umano in perenne subbuglio. la madre claudia(valli)che nel frattempo si è risposata col fratello del marito adrien(cerval) vive apparentemente asseragliata in casa a causa di lettere minatorie ricevute dal neo marito, convinto che a spedirgliele siano gli scioperanti. il custode andrè(burnier) assilla i padroni con le sue preoccupazioni riguardo le attenzioni che yvan riserva alla figlia lucia(mayniel)e nel parco gira una masnada di gaglioffi armati in difesa privata da eventuali attentati che non si avvereranno mai. il film è un estenuante attesa di qualcosa di sinistro che si pensa debba accadere(la paura delle minacce e di attentati da parte adrien, la paura che yvan deflori l'amata figlia da parte di andrè, la paura che yvan provoca in lucie ci suoi discorsi sconnessi)grazie anche alla bella partitura musicale di pierre jansen che in alcuni casi sembra quasi il ticchettìo di un conto alla rovescia e al vuoto vagare di yvan che non fa altro che caricarsi e caricare lo spettatore di ansiose aspettative. per la crudeltà dei tempi lunghi che chabrol si prende e la  perfida beffa nel finale tutto appare per quello che è. un inutile dispendio di energie e vite, in cui ovviamente è solo a fattaccio commesso che ci si accorge dei propri fatali errori. non un meccanismo perfetto per carità, ma grazie alla sinergia di fotografia(j. e j. rabier), musica, sceneggiatura(chabrol-gegauff-matthieu-shakespeare) e attori splendidi e in stato di grazie, il film si gusta dall'inizio alla fine. gli sproloqui di jocelyn, l'ansia di cerval(ottimo alla fine) e burnier, la splendida valli iconografica in quasi ogni scena illuminata in un bianco e nero mirabile, la cialtroneria di sparkos(maury)boss di quella masnada di disperati a difesa della magione che regala momenti di leggerezza alla pellicola.

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