Regia di Fernando León de Aranoa vedi scheda film
Uno dei rari film che hanno saputo raccontare con ironia (sebbene amara) la frustrazione del ritrovarsi disoccupati sopra gli "anta", quando trovare un'altra occupazione, anche prima dell'attuale massacrante crisi, era un'impresa ardua ed umiliante. La scena è dominata dalla figura imponente e sbruffonesca di Santa (interpretato da un ottimo Javier Bardem, che in alcuni tratti ricorda il Gérard Dépardieu di qualche anno fa), solitario guru della disoccupazione, che recrimina sulle divisioni nella classe operaia, a causa delle quali alcuni (i più politicizzati) si sono ritrovati senza lavoro prima e gli altri, più acquiescenti, qualche anno più tardi. Scroccone e rissoso, Santa si accontenta di vedere le partite del Celta Vigo da una torretta dello stadio, la cui visuale è parzialmente coperta da una tettoia di eternit (ma tanto il calcio non gli interessa per niente) e contesta la morale capitalistica della favola della cicala e della formica che legge al bambino di quattro anni, figlio di un riccone: «la formica è una gran figlia di puttana e una speculatrice e quello che qui non dicono è perché uno nasce cicala e uno nasce formica... perché se nasci cicala, sei fottuto... e qui non lo dicono!».
Un film senza facile lieto fine né moraletta spiattellata, che è anche un invito alla resistenza umana (una locuzione che usava qualche annetto fa) e alla solidarietà amicale, nel quale tutti concorrono all'ottima riuscita.
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