Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film
Un insegnante vedovo vive da solo col suo unico figlio. Durante una gita scolastica, un incidente provoca la morte di uno dei suoi studenti: l'insegnante si assume la responsabilità dell'accaduto e rassegna le sue dimissioni; in seguito si reca a vivere col figlio nel suo villaggio natale in campagna. Per fare avere al figlio un'educazione migliore rispetto alla sua, decide di allontanarlo: diversi anni dopo, il padre lavora a Tokyo in un ufficio, mentre il figlio, a sua volta, lavora come professore in una piccola città. I loro incontri saranno sempre più rari, ma carichi di emozione...
Era uno dei film preferiti da Ozu, anche per il suo carattere autobiografico. Si tratta di una storia che si svolge lungo un esteso arco temporale, con ellissi molto più marcate che in altri film dello stesso regista: alcuni vi hanno voluto trovare un aspetto di propaganda nazionalista dietro ai ripetuti discorsi del padre sull'importanza della dedizione al lavoro e sul sacrificio personale per lo sviluppo del proprio paese. Anche se questo fosse vero, a mio parere non va ad inficiare assolutamente la bellezza del film che risiede principalmente nella descrizione, miracolosamente esatta e ricca di sfumature, di un rapporto padre/figlio caratterizzato dall'assenza, dalla difficoltà di trovare del tempo per potersi vedere, ma che, nelle scene degli incontri con il figlio ormai adulto, tocca un'intensità rara se si considera che il film è girato secondo i principi di un'estetica minimalista che anticipa il cinema di Bresson. E il merito è anche di un'interpretazione superlativa di Chishu Ryu, molto invecchiato nelle scene finali, che in seguito riproporrà spesso delle figure paterne affini a questa, anche se raramente con accenti così sobri e incisivi (un'altra delle prove più belle resta quella in "Tarda primavera"). Non è uno dei film più famosi di Ozu ed è stato scoperto con molto ritardo nei paesi Occidentali: è sicuramente un film di svolta, perchè è una delle opere in cui si radicalizza lo stile ascetico e contemplativo che sarà dominante nei capolavori girati nella parte conclusiva della carriera come Viaggio a Tokyo. Fra le altre scene memorabili, sicuramente da ricordare quella in cui l'ex-professore e un suo collega si ritrovano con dei vecchi studenti con cui rievocano i tempi andati, senza cedere ad una malinconia patetica ma nell'amara consapevolezza dell'inevitabile fuga del tempo.
voto 9/10
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