Regia di Pasquale Squitieri vedi scheda film
In una Napoli che si stenta a credere del 2003, un vecchio avvocato avvelenato da antichi traumi cerca di intrufolarsi in qualche altra sporadica vita disperata, al fine di racimolare un pugno di euro e tirare a campare. Ma una sera, nella sua impresentabile casa ridotta a magazzino di rifiuti, si scaraventa una prostituta. De Gregorio non si scompone più di tanto, anzi ne approfitta, senza sapere che quella violenta e casuale irruzione nel degrado della sua esistenza, gli restituirà la dignità perduta. L’idea di cucire addosso a un attore atipico (soprattutto per e sul grande schermo) come Albertazzi un personaggio a lui così lontano per tradizione e affinità elettive, avrebbe potuto catapultare l’ennesima sparata a salve dell’esteticamente (e qui più che mai eticamente) volgare cinema di Squitieri, in una zona d’ombra interessante. Ma le urgenze declamatorie e fastidiosamente didattiche del regista, impediscono al film e ad Albertazzi medesimo (costretto a recitare “a oggetto”) di riscattarsi al pari di De Gregorio. Cantore di immagini gratuitamente incattivite, Squitieri non resiste alla tentazione della morbosità e della sentenza populista, scrive male contorni e corollari e dirige peggio, con la svogliatezza dei superficiali. La sua protesta ha l’aspirazione d’inveire e di sbraitare accusando tutto e tutti, riuscendo alla fine a denunciare, involontariamente, solo se stessa.
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