Regia di Carlo Luglio vedi scheda film
Sono quattro, giovani, napoletani, in fuga. Arrivano ad Amburgo nella speranza di fare il colpo che li sistemerà, se non per la vita, almeno per qualche mese. Fanno cilecca e, invece di tornare a casa con la coda fra le gambe, proseguono il viaggio verso Nord. Nella stazione di Amburgo possono scegliere fra due treni: il primo va a Copenaghen e ci impiega 5 ore, il secondo li porterebbe a Oslo in 12. Scelgono il secondo per dormire qualche ora in più. Come si vede, arrivano in Norvegia senza particolari motivazioni, solo perché a casa non ci tornerebbero nemmeno morti. Ma la Norvegia è un posto orribile, popolato da alcolizzati e vecchie sfatte, l’estrema periferia nordica della civiltà occidentale. L’opposto speculare del nostro Mezzogiorno, senza sole. I quattro si invischiano in squallide storie di microcriminalità. Non sono un granché nemmeno come delinquenti. Capo Nord è la storia di una sfiga cosmica. L’esordiente Carlo Luglio la racconta con gusto del dettaglio etnografico e senso del paesaggio, ma non azzecca i protagonisti: paradossalmente, sembra conoscere meglio la Norvegia che i quattro ragazzi napoletani scelti come “compagni di viaggio”. Il film è fin troppo stilizzato (la scena di sesso iniziale, girata in accelerato come l’orgia di Arancia meccanica, poteva esserci risparmiata) e finisce per non avere un’anima.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta