Regia di P.J. Hogan vedi scheda film
Grace è una casalinga che ha sciupato la sua vita dietro un’inutile famiglia tra le vetrate di un grattacielo di Chicago e alla quale solo la musica melensa di Victor Fox sembra concedere qualche sprazzo di gioia. Quando la star viene uccisa, Grace decide di recarsi in Inghilterra per i funerali e qui accade il miracolo per cui la sua esistenza prende corpo, nel momento in cui incontra il segretario/amante di Victor col quale decide di scoprire chi ha ucciso l’uomo che l’aveva fatta sognare. Lasciati i toni della commedia più squisitamente commerciale che aveva sperimentato con Il matrimonio del mio migliore amico, P. J. Hogan torna a razzolare dalla parte dei freaks, degli emarginati, come in fondo aveva fatto anche in Le nozze di Muriel. I suoi personaggi sono fuori sincrono rispetto al mondo che li circonda e le situazioni comiche che crea sono molto vicine a quelle partorite dal trio ZAZ e non sembra un caso che Jerry Zucker sia il produttore del film. Non manca neppure uno sprazzo di thriller che cosparge il capo di personaggi irriducibilmente malinconici, quasi catatonici, ma il risultato nel complesso ci sembra disomogeneo. Il cast è stellare, con Kathy Bates nel ruolo di Grace, circondata da Rupert Everett, da un’ugola insospettabilmente canora come quella di Jonathan Pryce e da uno sgradevole Dan Aykroyd. Da segnalare una straordinaria Meredith Eaton, nana che giganteggia nel ruolo della nuora e Julie Andrews, che perde il pelo ma non il vizio di cantare, come sanno bene gli amanti di Mary Poppins.
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