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007. La morte può attendere

Regia di Lee Tamahori vedi scheda film

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La recensione su 007. La morte può attendere

di FilmTv Rivista
6 stelle

Il problema degli ultimi film dell’agente segreto più famoso del mondo è che la “plasticità” delle loro avventure ha cominciato ad attecchire anche dove non dovrebbe, cioè su quegli elementi che, generalmente parlando, fanno un film, anche di puro intrattenimento: regia-sceneggiatura-interpreti. D’accordo che la riuscita di una pellicola della serie spesso e volentieri sembra porsi a margine della bontà o meno del regista, e che forse nessuno avrebbe scommesso su Peter Hunt (già montatore dei primi capitoli della saga), prima che facesse il Bond migliore di sempre, Al servizio segreto di sua Maestà. Ma non meravigliamoci della mediocrità, se sulla sedia di regia c’è Lee Tamahori (è da ammettere però che anche un John Glen, regista meno che mediocre, qualcosa di valido nella serie l’ha anche fatto, a partire dal sottovalutato Vendetta privata). Eppure non si può restare immuni dalla pressocché totale insipienza degli attori, a cominciare dalla pessima Halle Berry, che esce dalle acque come la Andress in Licenza di uccidere, fino all’insulso “villain” Gustav Graves di Toby Stephens (notevole però il suo braccio destro, lo Zao di Rick Yune). Lo script (di Neal Purvis e Robert Wade) ricicla per certi versi Una cascata di diamanti, tra gioielli e satelliti in grado di provocare catastrofi inimmaginabili, senza sapere dove andare a parare per tirare la durata. A conti fatti, però, Die Another Day (che è bene citare con il titolo originale, bellissimo, mentre quello italiano ne attenua la forza, se non l’annulla) diverte a sufficienza: ottima la sequenza coreana pre-titoli sui gommoni giganti; non male la battaglia spadaccina, tra Scaramouche e una furia primitiva; coinvolgente l’inseguimento automobilistico “scivoloso” verso il finale. Inoltre, l’idea di ambientare la seconda parte, la più avvincente, tra le sconfinate lande gelide dell’Islanda e nel magnifico palazzo del ghiaccio si rivela azzeccata e visivamente coinvolgente (le scenografie sono del fidato Peter Lamont). Piace, poi, la canzone di Madonna (e il video musicale che l’accompagna, Bond-movie in miniatura, è fantastico).

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 10 del 2003

Autore: Pier Maria Bocchi

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