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007. La morte può attendere

Regia di Lee Tamahori vedi scheda film

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La recensione su 007. La morte può attendere

di scandoniano
4 stelle

Durante una missione in Corea del Nord, 007 viene catturato e tenuto in prigionia per 14 mesi. Quando esce, viene rilasciato in cambio di un prigioniero nordcoreano, Lao. Al ritorno in patria, credendo abbia parlato, a Bond viene revocata la licenza di uccidere, per cui è costretto a  scappare, provando a farsi giustizia da solo…

Nell’incipit che precede, come al solito, la sigla di testa, ci sono più esplosioni che nell’intera tetralogia di “Arma Letale” (ormai il catastrofismo si è impossessato definitivamente della saga)! A proposito dei titoli di testa, orchestrati sulle note di “Die Another Day” di Madonna, questi comprendono insolitamente anche immagini del film stesso (nella fattispecie il pestaggio di Bond ad opera dei Nord Coreani), fungendo dunque anche da “sommario” (tecnicamente si potrebbe affermare che la sigla ha la durata di 14 mesi!!).

La fotografia, qualche effetto speciale di troppo e le fastidiose slowmotion/accelerazioni applicate al normale fluire dei fotogrammi conferiscono all’operazione una confezione quasi da fiction TV. In molte scene la computer grafica aiuta, anche se talvolta è un palese (quasi avvilente) artificio che rende la messa in scena ancor più meschina. La trama poi puzza di dejà vu, non tanto per il meccanismo, collaudato sì, ma ormai stantio, quanto per la presenza di elementi già visti altrove (“Una cascata di diamanti” per fare l’esempio più palese).

Nel cast ci sono Halle Berry, la bella di turno, che riproduce la famosa scena dell’uscita dall’acqua di Ursula Andress del primo film, Madonna, che fornisce un cameo nel ruolo della maestra di scherma, Michael Madsen, in un ruolo secondario e poco comprensibile. Il cattivo di turno è impalpabile ed il suo interprete, Toby Stephens, non è all’altezza.

Da sottolineare che si tratta del primo film di John Cleese nel ruolo di Q (nel precedente “Il mondo non basta” era R, assistente di Q), che fa tornare Bond al primo vecchio amore, la Aston Martin, seppur in versione invisibile! Per omaggiare il “vecchio Q”, inteso come l’attore Desmond Llewelyn (morto in un incidente 2 anni prima), la sceneggiatura prevede che Bond si diletti a passare velocemente in rassegna alcune storiche invenzioni che hanno fatto la storia della saga cinematografica.

In fondo è un capitolo poco riuscito, certamente il peggiore dell’era Brosnan, non a caso alla sua ultima interpretazione del ruolo.

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